22/02/2012
Si dice sempre che le
donne sanno sopportare il dolore più degli uomini. Eppure, le donne provano più
dolore rispetto agli uomini. Non solo per colpa dei reumatismi, della
fibromialgia, dell'intestino irritabile o dell'emicrania, affezioni tipiche
della popolazione femminile. Quando si esaminano condizioni cliniche che
interessano i due sessi con la stessa frequenza, come nel dolore del post-operatorio,
nel mal di schiena o per le nevralgie, le donne riferiscono sempre un'intensità
maggiore. Vale a dire che, in una situazione clinica analoga e sovrapponibile, se
un uomo assegna al dolore provato un'intensità di 5 la donna lo valuta 6 (la valutazione viene effettuata in modo
analogico, chiedendo di dare un voto al dolore compreso tra zero - nessun
dolore - e dieci - il più forte mai provato).
Un recente studio della Standford
University, eseguito su 11.000 persone e pubblicato sul Journal of Pain, rivela che le donne soffrono circa il 20 per
cento in più rispetto agli uomini. Ciò vale per il dolore post operatorio, per
la lombalgia e la sciatica, per il dolore nel diabete, nei traumi, eccetera.
Per quanto riguarda il dolore infiammatorio, l'intensità media riferita è stata
6.00 per le donne e 4.93 per gli uomini. Ma quali sono le ragioni di queste
differenze? Quali conclusioni si possono trarre da questa ricerca? Influenzerà
la ricerca farmacologica arrivando ad avere farmaci dedicati per gli uomini o
per le donne?
Diego Beltrutti, consulente presso il Servizio del Dolore
Cronico (CPS) in Humanitas
conferma: «Oggi sappiamo che le donne sentono effettivamente più dolore. E non
solo per motivi legati al modello sociale come un tempo si pensava (ricordiamo
tutti la classica frase detta al bambino maschio che piange dopo una caduta:
'non fare la femminuccia'). Un tempo la società accettava e forse perfino
incoraggiava comportamenti stereotipati legati al sesso. La donna poteva
piangere, svenire. L'uomo no. Mai si sarebbe ipotizzato un ruolo non secondario
legato alle differenze biologiche e, invece, le differenze più significative
sulla percezione del dolore tra uomo e donna sono su base biologica. Questa
situazione sarebbe connessa al ruolo degli ormoni. Nella donna fertile,
inoltre, la soglia del dolore non è stabile, ma varia con il ciclo. E' più alta
nella fase follicolare e poi si abbassa nella fase luteale. Gli stessi test,
effettuati su donne in gravidanza, hanno dimostrato come in quel periodo la
soglia del dolore sia elevata. Si ipotizza che queste risposte differenti
facciano parte di un più ampio sistema con cui maschi e femmine rispondono allo
stress. Anche la risposta agli oppioidi è differente».
Quali sono i
principali effetti della ricerca della Standford?
«Il primo grande risultato è che si è squarciato il
velo dell'ignoranza. Uomini e donne risentono indubbiamente di modelli sociali
differenti che si sono strutturati nei secoli. Oggi i modelli di riferimento
sono saltati e, tuttavia, uomini e donne continuano a comportarsi in modo
differente di fronte al dolore. E' a tutti evidente che vi sono risposte
psicologiche diverse nei due sessi, ma va detto che queste differenze
potrebbero essere sostenute anche da una diversa costituzione biochimica».
È possibile che le diverse situazioni
ormonali interferiscano sugli stati di ansia o predispongano agli sbalzi di
umore?
«Direi di sì. Uomini e
donne non solo appaiono differenti, ma sono costruiti in modo diverso. In
particolare oggi la scienza ci dice che le donne sono a rischio per molte
condizioni di dolore. Studi sperimentali effettuati con la PET evidenziano che
il cervello dell'uomo e della donna reagiscono in modo differente quando viene
mandato uno stesso impulso doloroso. Di fronte ad un identico stimolo algogeno
il cervello delle donne attiva molte più aree corticali dell'uomo. Addirittura
si attivano aree cerebrali controlaterali (talamo e insula) il cui significato
è ancora oscuro».
Tutto questo può
influenzare la ricerca farmacologica?
«Sulla base delle recenti
conoscenze, anche la ricerca farmacologica sugli analgesici va estesa e
modificata. Basti ricordare che i medicinali attualmente in uso sono testati su
animali maschi (in un rapporto di 4 a 1 con le femmine). Vi è quindi la
necessità di aumentare le conoscenze sulle modalità d'azione dei farmaci sulla
popolazione femminile. A causa della funzione riproduttiva le donne sono
afflitte da dolori viscerali in modo superiore agli uomini. Uomini e donne
sembrano disporre di circuiti di modulazione del dolore tra loro non identici.
In un prossimo futuro non escludo che si possa giungere alla messa sul
commercio di farmaci analgesici per l'uomo o per la donna»
Michele Rosati