15/07/2011
I tumori alla mammella sono particolarmente pericolosi per colpa di un’accoppiata micidiale: una proteina mutata, la p53, e un enzima, Pin1. A individuare questo mix fatale, grazie anche ai contributi dell'Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC), è stato un team internazionale coordinato da Giannino Del Sal, docente di Biologia cellulare dell’Università di Trieste e responsabile dell’Unità di oncologia molecolare del Laboratorio nazionale CIB di Trieste. Una scoperta importante, che servirà a prevedere la risposta delle pazienti ai trattamenti, fornendo un aiuto concreto nella lotta a questa forma di tumore che ogni anno uccide un milione di donne nel mondo.
Da tempo era nota la presenza, nelle cellule cancerose, di mutazioni capaci di trasformare il fattore p53 in un promotore tumorale. Ora, però, gli studiosi hanno rivelato un suo importante complice, l’enzima Pin1, la cui espressione è particolarmente elevata nelle cellule tumorali aggressive e che invadono gli altri tessuti. Analizzando oltre 200 casi di carcinoma mammario, gli autori della ricerca, pubblicata su Cancer Cell, hanno infatti mostrato che esiste una correlazione fra la presenza di queste due molecole e l’esito infausto della malattia.
«Un aspetto critico al momento della classificazione della malattia – ha spiegato Del Sal - è l’identificazione, attraverso biomarcatori specifici, dei casi a elevato rischio di ricorrenza; un altro è la capacità di predire la risposta delle pazienti alle terapie, requisito fondamentale per poter migliorare le strategie di cura e per guidare le scelte terapeutiche. Il nostro lavoro fornisce un contributo proprio in questo ambito”. Dal programma genetico messo in atto dalla combinazione di p53 e Pin1, infatti, è stato già possibile estrapolare un ulteriore gruppo di 10 geni che potrebbero servire come indicatori dell’evoluzione tumorale.
De Sal e colleghi sperano che l’analisi dei livelli di espressione di Pin1 rientri presto tra i metodi di prognosi, insieme con la rilevazione dello stato mutazionale di p53: «Questo permetterebbe di discriminare meglio i casi di carcinoma mammario con una minore probabilità di sopravvivenza, e quelli che rispondono in maniera inefficace agli interventi terapeutici, in particolare a un certo tipo di chemioterapia adiuvante. Capire quali pazienti mostrano queste caratteristiche, e perché, è fondamentale per poter progettare nuove strategie di attacco al tumore», ha concluso il ricercatore.
A.P.