05/07/2011
L'emicrania emiplegica familiare è una rara forma ereditaria di emicrania, in cui la crisi emicranica è preceduta da aura (sintomi neurologici che comprendono disturbi della vista con scintillii o macchie nel campo visivo), associata a una semiparalisi temporanea o ad altri disturbi motori. La frequenza degli attacchi, che compaiono in genere entro i 20 anni, può variare da alcuni per anno fino a episodi quotidiani. La malattia colpisce un individuo su 50.000.
I ricercatori dell’Unità di Neurogenomica del Centro di Genomica Traslazionale e Bioinformatica del San Raffaele di Milano, in collaborazione con l’Istituto di Neuroscienze del CNR di Pisa, hanno studiato un modello animale murino (cavia) che riproduce fedelmente una forma di emicrania severa. Si è trattato di inserire nel genoma del topo la mutazione del gene ATP1A2 che era stata precedentemente isolata da pazienti affetti da l’emicrania emiplegica familiare di tipo 2 (FHM2). La ricerca, pubblicata sulla prestigiosa rivista Plos Genetics, potrebbe aprire la strada per la cura farmacologia di questa grave patologia, ma anche di altri tipi di emicrania.
I ricercatori avevano in precedenza scoperto che l’emicrania emiplegica famigliare di tipo 2 (FHM2) è dovuta a mutazioni del gene ATP1A2 (studio pubblicato su Nature Genetics, febbraio 2003). La mancanza di modelli animali aveva impedito però di capire il reale meccanismo che scatena la malattia.
In questo nuovo studio i ricercatori dell’Unità di Neurogenomica diretta dal Professor Giorgio Casari, hanno identificato nel modello murino che la mutazione nella sodio-potassio ATPasi causa la iperreattività neuronale che scatena la crisi emicranica. In particolare, il meccanismo scatenante sembra derivare dagli astrociti, cellule che hanno funzione nutritiva e di sostegno per i neuroni, che, quando esprimono la proteina mutante, permettono a una maggior quantità del neurotrasmettitore glutammato di eccitare i neuroni circostanti.
Quando la proteina ATP1A2, presente negli astrociti, viene prodotta correttamente, essa funziona come “da spazzino” e ripulisce l’eccesso di glutammato presente tra le cellule nervose, cosi che l’impulso elettrico possa passare normalmente. Quando invece la proteina non viene prodotta, si accumula tra lo spazio sinaptico un eccesso di glutammato, perciò aumenta l’eccitabilità dei neuroni e quindi la trasmissione dell’impulso elettrico. Il modello animale di questo studio ha permesso di identificare, non solo come si scatena l’emicrania emiplegica familiare, ma anche nuovi obiettivi farmacologici, che potrebbero rivolgersi non più al neurone ma all’astrocita.
Giorgio Casari, coordinatore dello studio, sostiene: “La nostra speranza è che queste conoscenze su forme severe e rare di emicrania possano dimostrarsi utili anche per le forme più comuni di emicrania”.
Redazione 2C Edizioni