Ascoltare il minore, come e perchè

Un recente convegno del Cam parla dell'importanza di tutelare i diritti dei bambini di fronte alle separazioni e divorzi. Sentendo direttamente loro.

16/11/2011

I divorzi e le separazioni sono in continuo aumento, e, di conseguenza, il futuro e la crescita dei bambini appaiono sempre più incerti. I più piccoli, infatti, hanno un enorme bisogno di essere ascoltati, amati e accompagnati in questi percorsi, tutt’altro che semplici. Riaffermando l’esigenza di salvaguardare i loro diritti e la loro fragile condizione, il Cam (Centro ausiliario per i problemi minorili) ha realizzato, lo scorso 11 novembre a Milano, un convegno di grande attualità, intitolato: l’"Ascolto del minore: uno stimolo al rispetto dei diritti del bambino", e destinato a giudici, psicologi, avvocati, docenti universitari e mediatori familiari.

La curatrice dell’iniziativa, Annamaria Caruso, già magistrato e presidente del Comitato Scientifico del Cam, ha sintetizzato magistralmente l’obiettivo che ha sorretto il lavoro dell’équipe: «Fare il punto sul tema dell’ascolto del minore come prassi concreta da attuare, e non solo nei tribunali, costituisce uno dei modi di rendere effettiva la partecipazione dei minori nei processi decisionali che li riguardano. La partecipazione è considerata un valore che stimola la collaborazione e responsabilizza rispetto a una decisione, che compete agli adulti ma che dovrà farsi carico delle ragioni espresse da ogni minore». Questo tipo di attenzione nasce a margine della legge che, ormai a cinque anni dalla sua promulgazione, prevede l’ascolto anche nelle cause di separazione. «Un ascolto» precisa la Caruso, «per cui si deve aver rispetto ma non paura».

Ma come si realizza in concreto questo ascolto? Le prassi procedurali sono davvero numerose, e non sempre convergenti. Infatti, come sottolinea il magistrato, «in Italia non esistono prassi condivise tra uffici giudiziari e neppure tra giudici minorili e togati dello stesso distretto, posto che i minorili si occupano delle separazioni (con figli) dei conviventi e gli ordinari delle separazioni dei coniugati. La prassi diffusa è comunque di sentire poco i figli e di delegarne semmai l’ascolto ai tecnici». A quanto risulta, anche in Europa «il quadro è molto composito e molti paesi prendono sul serio quest’impegno prevedendo un sostegno per i minori». Le situazioni più problematiche sono tutelate, «ma l’ascolto dovrebbe essere più generalizzato» insiste la Caruso.

Applicate con le dovute cautele, queste prassi sono davvero di aiuto nelle separazioni e nei divorzi? Il nostro magistrato non ha dubbi sull’argomento: «Le buone prassi servono a evitare errori grossolani nell’ascolto, che va trattato con competenza per non far danni. Per esempio, andrebbero formulate delle linee guida su come far domande, su come documentare l’ascolto e su come restituirlo a minori e adulti». Cruciale, a questo proposito, potrebbe rivelarsi la collaborazione tra servizi, famiglia e giudici, già prevista per la tutela dei minori. «Ma per lo specifico delle separazioni occorrerebbe inventare un supporto per i figli dei separati che li accompagni nei momenti di maggiore difficoltà, quando i genitori sono troppo distratti dai loro problemi per potersi adeguatamente occupare di quelli dei figli che spesso sono soli ad affrontare il cambiamento», conclude la presidente del Comitato scientifico del Cam.  

Sulla stessa linea d’onda anche l’inchiesta realizzata sul numero 47 di Famiglia Cristiana, con data 20 novembre e in uscita nelle edicole giovedì 17, dedicata in modo particolare all’affido condiviso. Tra storie vere, pareri di esperti ed esempi concreti, un valido punto di sintesi su una delle questioni più dibattute degli ultimi tempi.

Simone Bruno
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