05 novembre 2012
Oggi sono tornato in treno,
ero indifferente.
Nel lungo corridoio
non me ne importava nulla
di quella gente meschina.
Scesi.
Il più sudicio barbone
che avessi mai visto
mi allungò la mano.
Lo fece con un gesto
da vero professionista,
lento e cauto.
Emanava un tanfo
simile a una fossa comune.
Il suo sguardo mi entrò
nel profondo.
Tutto si appannò.
Le voci tutt’intorno
divennero un lungo brusio
incessante e lontanissimo.
Da solo
dentro uno scatolone
nella pioggia.
Ovunque
tanto vomito di vino.
Il silenzio di un parco
alle 4 del mattino.
Il cane abbaia,
mi sveglia
e i topi scappano.
Un Angelo dei sogni
sguazza nel fango
e si sporca le ali candide.
O mio Dio,
scendo nel feretro
dalla collina
portato dai cani.
Intorno la gente ha gli occhi bianchi
e ride al mio passaggio.
Migliaia di visi,
un solo volto.
Un sorriso beffardo
lungo un chilometro
con mille denti.
O mio Dio,
altissimo Signore
delle strade buie,
illumina la strada
fino al tuo abbraccio!
Il freddo congela
le dita dei piedi.
Odo gli strilli incessanti del Diavolo,
in ogni buca soffro i tormenti:
maledizione a voi!
Maledetti!
Maledetti!
Il volo finito,
la panchina sporca.
I giornali sopra gli occhi,
scappare ancora nel sonno,
mentre i primi raggi,
nella pioggia,
penetrano tra le pagine bagnate.
La mano,
le cicatrici,
il guanto consumato,
l’insensibilità del tempo.
I prati in fiore,
gli alberi spogli.
Verrà la primavera,
rifiorirò.
Arriverà l’autunno,
cadrò.
Cinque giorni a Natale.
Soltanto cinque.
Si contano con le dita
di una mano.
Aiuta-mi.
Auita-mi.
Aiuta-mi.
Ragazzo
dammi un euro.
E vattene via.
Michele Mazza