20 settembre 2012
È vero dai,
a volte capita.
Tu stai tranquillo
lì
e pensi:
«Ho fatto tutto quello che potevo fare,
domani ne raccoglierò i frutti».
L’indomani tutto è andato storto.
Era quasi impossibile che accadesse
e se siete poveri e sconosciuti
sapete quello che voglio dire.
Non un vero amore,
non un vero lavoro,
nemmeno lontanamente una vita,
ma solo vagamente una cosa di queste.
E invece
va male.
Rifai i conti
una,
dieci,
cento,
mille volte.
Ed è proprio andata storta.
Allora dici:
«ma mi restano i soldi»,
ma sei povero,
«mi resta l’amore»,
ma sei da solo,
«mi resta il lavoro»,
ma l’hai appena perso…
e la salute?
La perderai,
perché se non hai nulla,
non pensi alla salute.
L’alcool non ti riempie,
la sigaretta peggiora
e i pochi amici
se ne sono già andati
a sorridere altrove
e ti vedono come un alieno.
Guardi in cielo,
ma nessuna astronave è venuta a prenderti.
Guardi il mare,
nessuna nave.
Guardi di qua
e di là.
Solo.
Pensi,
ripensi
ed entri nel delirio.
Ma resti lucido,
la pazzia è una fortuna di pochi.
Sei lucido
e nulla più.
I treni alla stazione
trasportano ogni tipo di sentimento:
amore,
odio,
vendetta
e lavoro.
Poi ci sono gli occhi nel vuoto
e quelli cerchi di catturarli
e di dirgli:
«voi mi vedete, vero?».
Ma sono ciechi.
I gabbiani volano in alto,
oltre le mie braccia.
Non li sfioro mai.
Sono così belli
e i più bianchi sembrano aver capito
cosa sia la felicità.
Ma sono in alto,
in alto,
in alto,
in alto.
E io non mi sento più le ali.
Michele Mazza