11 aprile 2013
Policromi vessilli di cento etnie
nel giorno della Redenzione fluttuano
nell’ellittica piazza di popolo gremita.
Quasi come braccia dischiuse
ad accogliere l’eterogenea folla
si stagliano verso il cielo
le grandiose colonne del Bernini.
Ai lati guardie svizzere con alabarda
nelle divise giallo/blu sgargianti.
Da una nube fa capolino il sole,
un raggio picchia su uno dei morioni
creando un riverbero accecante
in una scia d’argento liquefatto.
Sono venuti tutti per lui,
per quella caritatevole bianca figura
non facilmente leggibile per i più.
La gente gli si accalca attorno
nell’anelito di sfiorare le sue mani.
Lui accarezza un bambino,
poi, tra lo stupore degli astanti,
bacia sulla fronte un disabile
che un congiunto gli protende.
E’ difficile spiegare
come possa nascere in un uomo
così spietatamente offeso dalla vita
una gioia profonda, totale
e insopprimibile come quella.
Eppure quello sventurato
è la quintessenza della felicità:
sorride, rapito in una beatitudine
trasfusa e forse su di lui scesa dal cielo.
Incredulo assisto a questa scena,
con un groppo in gola tento di reprimere
l’intensa commozione che mi coglie
ma è tutto inutile …
non posso trattenere una lacrima
che mi riga il volto.
Dove è finito il raziocinio cinico
cui mi sono sempre attenuto?
Tutte le iniquità e le perversioni
dei secoli bui della Chiesa
come per incanto si dissolvono
ed io, proprio io, che non sono nessuno,
sento di voler abbracciare
questo uomo, papa Francesco.
IMOLA, 05/04/2013 – Stefano BALDI