Allarme Ocse: non serve bocciare

Un recente studio internazionale mostra la poca utilità della bocciatura, ancora molto diffusa. Altri sottolineano la responsabilità degli insegnanti e della scuola.

19/09/2011

Non fa sconti a nessuno l’ultimo studio del Programma di valutazione dei sistemi educativi (Pisa) dell’Ocse: le bocciature, oltre a costituire un costo elevato per i Paesi, non aiutano a migliorare i rendimenti scolastici degli studenti. Laddove si riscontra un numero elevato di ripetenti peggiorano le performance globali delle classi, oltre a ridursi la percentuale degli alunni che riescono a raggiungere il diploma.

La bocciatura, come diversi esperti sostengono da anni, rischia di emarginare ancora di più quegli allievi con difficoltà scolastiche, che non vengono quasi mai seguiti personalmente dagli insegnanti, perdono fiducia in sé stessi e si allontanano dallo studio. Eppure questa pratica risulta ancora molto diffusa. Secondo i dati Pisa, il 13-15% degli studenti dell’area Ocse è stato bocciato almeno una volta, il 7% alle elementari, il 6% alle medie inferiori e il 2% alle superiori.

La situazione è disomogenea: in Gran Bretagna e Finlandia, la percentuale è inferiore al 3%, in Giappone vicina allo zero, mentre in Francia e Belgio la quota supera il 30%. L’Italia presenta una percentuale di allievi bocciati di circa il 18%.

«Nel loro insieme, questi dati destano non poche perplessità», commenta Emanuela Confalonieri, professore associato in Psicologia dello sviluppo e dell'educazione presso l'Università Cattolica di Milano. «In primo luogo, occorrerebbe fare luce sul significato della bocciatura rispetto alle diverse età degli studenti. Un conto è se tale provvedimento viene adottato nelle scuole elementari, un altro se è applicato nelle scuole medie inferiori e superiori. I bambini, infatti, a differenza degli adolescenti, necessitano di un accompagnamento specifico e graduale alla comprensione di una scelta così drastica compiuta nei loro riguardi. E non è detto che la accettino del tutto. Senza ignorare, tra l'altro, il fatto che la percentuale europea dei bambini respinti appare stranamente superiore, seppur di poco, a quella dei ragazzi. Tendenza che in Italia, tuttavia, si dispone esattamente al contrario».

«In seconda battuta», prosegue l'esperta, «qualificare i ripetenti come una delle cause del basso rendimento scolastico di tutta la classe sposta nettamente la responsabilità di questa condizione ai soli alunni, azzerando il ruolo fondamentale degli insegnanti e della stessa scuola. Dovrebbero essere proprio gli adulti, in questi casi, a domandarsi i motivi di una tale sconfitta». Del resto, siamo ancora sicuri che questo metodo educativo abbia l'efficacia correttiva che intende promuovere? «La bocciatura non può essere definita a priori "giusta" o "sbagliata", senza considerare il contesto nella quale è maturata. Saranno proprio la classe, gli alunni, gli insegnanti e la scuola nel suo complesso a permettere una lettura adeguata del suo significato».

Simone Bruno
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