18/04/2012
Che cosa è successo all’ambiente italiano in questi ultimi
anni? E’ tutto spiegato nel volume La Rete italiana per la ricerca ecologica a
lungo termine (Lter-Italia),
curato da Roberto Bertoni
dell’Istituto per lo studio degli ecosistemi del Consiglio nazionale delle
ricerche (Ise-Cnr) di Verbania, che raccoglie i dati
rilevati da 22
"laboratori all'aperto" in grado di monitorare le trasformazioni
nella nostra penisola a seguito dei cambiamenti climatici.
La Rete italiana per le ricerche ecologiche di lungo termine
(Lter-Italia) fa parte dal 2006 della Rete Internazionale Lter (Lter), che
riunisce oggi 39 Paesi dei cinque continenti. Promossa dalla Società Italiana
di Ecologia (SItE), da alcuni Istituti del Dipartimento Terra & Ambiente
del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e dal Corpo forestale dello Stato,
contribuisce ad evidenziare lo stato e l'evoluzione dei principali ecosistemi
italiani, studiando gli effetti dell'inquinamento e dei cambiamenti climatici e
monitorandone la biodiversità. In questo studio, i 22 siti che hanno prodotto i
dati sono distribuiti su tutto il territorio nazionale e rappresentano le
principali tipologie di ecosistemi
del paese.
Questi i dati significativi rilevati: le temperature in quota sono
aumentate di 0,76°C in dieci anni e nelle acque, è rallentata la crescita delle
foreste (-27 per cento) e si è prolungato il periodo vegetativo che le
caratterizza. Insomma, i cambiamenti ci sono. Ed è fondamentale approfondire le
attività di studio ed analisi dei processi fisici, chimici e biologici che
determinano il funzionamento e la dinamica degli ecosistemi agrari e forestali
per sviluppare tecniche di miglioramento dei processi produttivi, la
salvaguardia dell'ambiente e della funzionalità dei boschi.
«Si possono citare i risultati del progetto internazionale
‘Gloria’, che ponendo sotto osservazione 764 specie di piante e utilizzando i
dati di oltre 130 termometri digitali ha rilevato una contrazione degli habitat
alto montani in 42 vette europee su 60, tra cui alcune vette appenniniche
studiate dall’Università del Molise», spiega Giorgio Matteucci dell’Istituto
per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo del Cnr, segretario della
Rete. «Le serie storiche indicano che la temperatura minima in quota, nell’arco
di dieci anni, è aumentata di 0,76°C». E quando le montagne si riscaldano, gli
alberi crescono più lentamente. Un altro monitoraggio, relativo alle foreste
del Tarvisio in Friuli, mostra negli ultimi 5-10 anni un rallentamento del
tasso di crescita di circa il 27% rispetto al periodo 1995-2000, dovuto agli
stress climatici e in particolare alla minore piovosità.
«Anche il Lago Maggiore sta cambiando», aggiunge Roberto Bertoni, vice
coordinatore della rete Lter-Italia. «Oggi, in seguito all'entrata in funzione
di numerosi impianti di depurazione, la concentrazione di clorofilla si è
ridotta di circa il 60%. La temperatura degli strati d'acqua superficiali e
profondi, tuttavia, dal 1980 è salita progressivamente». La tendenza al
riscaldamento è ben visibile in mare. «Lo mostrano i dati raccolti dal 1991
dall’Università di Genova, sulla temperatura di superficie delle acque del
Promontorio di Portofino, e quelli dell’Istituto di scienze marine del Cnr
relativi all’Alto Adriatico».
Alessandra Turchetti