Ocse, Italia attenta!

Un rapporto dell'organismo internazionale mette in guardia il nostro Paese: se oggi le cure che si prestano in famiglia agli anziani sono rilevanti, in futuro potrebbero non esserlo più

08/07/2011
Copertina del volume Ocse: Help wanted?
Copertina del volume Ocse: Help wanted?

Secondo uno studio recente sullo stato delle cure alle persone non autosufficienti curato dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo, la realtà italiana ha alcune caratteristiche che la distinguono dalla media OCSE. Per cominciare, quella italiana è una popolazione che invecchia più velocemente di altre: infatti, secondo le stime, nel 2050 quasi un italiano su sette avrà più di ottant’anni. Nella graduatoria OCSE l’Italia si posiziona così come quarta, dopo il Giappone, la Germania e la Corea del Sud.

Non si può fare attualmente previsioni su come sarà la qualità della vita e della salute di popolazioni così fortemente invecchiate: troppi fattori influiscono sui suoi sviluppi. È comunque evidente che l’Italia, non meno ma forse più di altri Paesi, debba mettere in conto la probabilità che l’invecchiamento porterà ad una crescente domanda  di assistenza e di cura a lungo termine.

Altra caratteristica tipica della situazione italiana è l’importante ruolo della famiglia nella prestazione di cura agli anziani: l’Italia è infatti in testa per la quantità di "cure informali", e quindi offerte in ambito familiare, fornite. Ma, dice l’OCSE, questo modello nei decenni potrebbe essere messo a dura prova per via dei cambiamenti sociali nel frattempo intervenuti, fra i quali, rilevante, anche la maggior partecipazione delle donne al mondo del lavoro. Di conseguenza, la spesa pubblica per l’assistenza a lungo periodo, che ammonta attualmente all’1,7% del Pil, potrà arrivare al 4 % nel 2050.


L’OCSE fa notare che i servizi di assistenza alle persone non autosufficienti sono organizzati  attraverso molteplici meccanismi e istituzioni, e coinvolgendo vari livelli amministrativi senza però un quadro giuridico unitario. L'organismo internazionale consiglia dunque un miglior coordinamento tra il settore sociale e quello sanitario e tra amministrazioni regionali, provinciali e comunali. Viene fornito l’esempio della Francia, che attraverso La Cassa Nazionale della solidarietà all’autonomia non solo tiene le redini di tutti gli interventi di cura, ma ne può stabilire anche gli standard di qualità obbligatori.

La normativa italiana, che prevede quale fondamentale prestazione economica l’indennità
di accompagnamento, permette alle persone la massima indipendenza nella ricerca di soluzioni di cura. Questo sistema, tuttavia, secondo l’OCSE causa forti differenze regionali. Si consiglia quindi di tenere conto, nell’assegnazione dell’indennità economica, sia della gravità del bisogno assistenziale sia del reddito della persona disabile. Un’equilibrata differenziazione gioverebbe sia alla sostenibilità economica dell’intervento, sia all’equità dei trattamenti di cura.

A cura del Cisf
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