21/01/2013
In aumento la celiachia nel mondo. E’ quanto emerge da un’indagine di due ricercatori italiani che lavorano all’estero, Alessio Fasano e Carlo Catassi, rispettivamente, direttore e co-direttore del Centro per la Ricerca sulla Celiachia (CFRC) dell’Università del Maryland di Baltimora (USA). Da un esteso lavoro pubblicato sul New England Journal of Medicine, emerge il profilo di chi è affetto da questa patologia: donna e in buona parte con un familiare di primo grado con la stessa patologia.
Il Centro per la Ricerca sulla Celiaca dell’istituto americano opera per migliorare la qualità della vita dei pazienti affetti dal disordine, indagando contemporaneamente le cause della patologia e le possibili vie terapeutiche. La celiachia è un disordine geneticamente determinato su base autoimmune che colpisce 1 persona su 133 negli Stati Uniti e circa 1 su 100 nel nostro Paese. E’ caratterizzata da un'intolleranza permanente alla gliadina contenuta nel glutine, un insieme di proteine presenti nel frumento, nell'orzo, nella segale, nel farro e in altri cereali minori. La celiachia, perciò, rende tossici nei soggetti affetti o predisposti tutti gli alimenti derivati dai suddetti cereali o contenenti glutine in seguito a contaminazione generando gravi danni alla mucosa intestinale quali l'atrofia dei villi intestinali. Gli anticorpi prodotti dall’organismo per contrastare il fenomeno possono ulteriormente danneggiare la mucosa intestinale causando una riduzione della capacità di assorbimento dell'intestino.
La diagnosi tempestiva è cruciale per evitare la comparsa di altre patologie collegate alla permanenza del disturbo ma una dieta appropriata, priva di glutine, rimane la strada di cura principale per ridurre o eliminare i sintomi e ricostituire i tessuti intestinali. Il trattamento più all'avanguardia include una squadra pluridisciplinare di gastroenterologi, pediatri, dietologi che lavorano insieme per sviluppare una strategia personalizzata su ogni paziente, supportato insieme ai propri famigliari con consigli sullo stili di vita più salutari da adottare.
La ricerca elaborata dal CFRC, dunque, evidenzia che la celiachia è
una malattia in aumento nel mondo - si parla di incidenza intorno all'1%
nella popolazione - e la crescita riguarda soprattutto i popoli di
origine non caucasica come i cinesi e gli indiani, che hanno via via
adottato abitudini alimentari sempre più simili agli occidentali. Il dato nuovo è proprio questo: oggi la celiachia colpisce tutte le fasce d'età in ogni parte del mondo. Le donne rimangono due volte più soggette al disturbo rispetto agli uomini e si rileva un importante fattore di familiarità
(fino al 15% dei casi ha un parente di primo grado celiaco). Non
sempre la malattia viene diagnosticata, in realtà. I celiaci
potenzialmente sarebbero 600.000 in Italia, ma ne sono stati
diagnosticati ad oggi poco più di 100.000, con circa 10.000 nuove
diagnosi all’anno.
In Europa solo il 21% dei casi di celiachia, secondo le stime, è rilevato clinicamente. Soprattutto
all’inizio, non è facile fare una diagnosi certa di celiachia perché i
sintomi sono variabili e possono confondersi con quelli di altre
malattie dell’apparato digerente. Inoltre, in una percentuale non
piccola dei casi, la celiachia rimane asintomatica ma comporta comunque
un danneggiamento dei tessuti intestinali. L’impegno rimane quello di
favorire la diagnosi precoce della celiachia, diffondendo nella classe
medica la conoscenza di questa intolleranza alimentare e il modo più
idoneo per trattarla. Oggi sappiamo, infatti, che non si nasce
“celiaci”, bensì con la predisposizione genetica alla celiachia, e in
qualsiasi età della vita, co-fattori ambientali quali stress, infezioni,
gravidanza ed altri fattori non ancora noti, possono scatenarne
l’insorgenza.
Alessandra Turchetti