22/05/2012
Nulla di fatto. Almeno per ora. La discussione sulla cosiddetta “legge sul divorzio breve”, che è stata discussa oggi alla Camera dei Deputati e che sembra raccogliere ampi consensi in tutto l’arco costituzionale (salvo creare fratture all’interno dei gruppi parlamentari), è stata rinviata a giugno. Il disegno di legge prevede di ridurre da tre anni a uno (due in caso di presenza di figli minori) il tempo che deve trascorrere per ottenere la sentenza di divorzio a far data dalla comparizione davanti al Presidente del Tribunale dei coniugi. Così almeno prevede la legge sul divorzio attualmente in vigore. Il rinvio della discussione in Aula è stato ben accolto dal presidente del Forum delle Associazioni familiari Francesco Belletti: «Ben venga un rinvio su tema che richiede senza dubbio una riflessione più attenta. Sembra quasi che la politica cerchi diversivi per intervenire sulla famiglia così da nascondere l’incapacità di affrontare i nodi prioritari. E sorprende anche che l’embargo su tutti i temi caldi per non disturbare il manovratore valga solo per alcune cose e non per altre. Sul divorzio breve il Parlamento, come la società, è a dir poco diviso. Ma a quanto pare, in questo caso, il manovratore si può disturbare».
Oggi, durante la sua relazione in aula alla Camera sul divorzio breve, il relatore Maurizio Paniz del Pdl, aveva giustificato la necessità della legge sulla base dell’assunto che «dal 1971 il numero dei matrimoni è andato progressivamente calando, mentre quello dei divorzi è andato progressivamente crescendo» e che «in Paesi come Germania, Spagna, Francia, Gran Bretagna e Svezia la tempistica di divorzio è assolutamente breve e si esaurisce in 4-6 mesi, talvolta senza nemmeno passare dal vaglio del giudice». Altro motivo addotto: «Il “turismo divorziale”: molti italiani si recano in Romania dove nell'arco di un bimestre si può divorziare chiedendo poi la convalida dell'atto in Italia». Insomma si può riparare al “divorzio breve di fatto” solo con una legge che regolarizzi la situazione. Storia vecchia.
Di ben altro avviso il mondo cattolico, a partire dal cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio della Famiglia, intervistato oggi a Roma dopo la presentazione ufficiale del VII Incontro Mondiale delle Famiglie in programma a Milano dal 30 maggio al 3 giugno: «Più che abbreviare le procedure per il divorzio a me sembra che l'impegno dovrebbe essere quello di aiutare le persone a ricostruire l'unità». Secondo il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, «l’accorciamento dei tempi del divorzio potrebbe rendere ancora più fragile la famiglia». Della stessa idea anche i parlamentari dissenzienti dalla legge: l’onorevole Barbara Saltamartini (Pdl) ha sostenuto che «invece che privatizzare le relazioni familiari è opportuno lavorare per potenziare le procedure attraverso cui risolvere i conflitti familiari e prevenirli». Per l’onorevole Massimo Polledri (Lega) «una società che semplifica il divorzio è una società che getta la spugna dinanzi alle difficoltà delle coppie e che le abbandona alle loro crisi ed ai loro problemi». Sulla stessa linea Luisa Santolini (Udc). «È davvero necessaria questa sorta di anestesia sociale del divorzio? La priorità non dovrebbe essere quella di sostenere le coppie quando attraversano momenti bui?». La domanda resta, al momento, senza risposta.
Stefano Stimamiglio