04/08/2010
Un rapporto del Cnel dal titolo Il lavoro delle donne in Italia - Osservazioni e Proposte, presentato e discusso lo scorso 21 luglio a Roma (v. documento allegato), mette in fila alcuni problemi e tematiche che rendono difficile la realizzazione di una maggiore parità nei luoghi di lavoro per le donne rispetto ai loro colleghi maschi.
Dal rapporto emerge innanzitutto un primo dato positivo: l'occupazione delle donne in Italia ha registrato un forte incremento nel periodo1997- 2003. Tuttavia, come viene evidenziato, negli ultimi anni questa tendenza non ha avuto la continuità che ci si poteva aspettare e comunque rimangono forti squilibri nel mondo del lavoro fra uomini e donne.
Spesso la gestione dell'economia e la questione della parità fra uomini e donne sono trattate come due affari distinti, con il risultato però che così non si aiuta a risolvere la marginalizzazione delle donne nel mercato di lavoro e si crea al contrario uno spreco di risorse umane e di talenti che il Paese non dovrebbe e non potrebbe permettersi se intende cogliere l'opportunità di un sistema economico moderno nella qualità e nell'innovazione.
Emerge anche che la nuova generazione di donne è più qualificata dei giovani uomini ma questo non si riflette sull'occupazione perché non sempre l'alta scolarizzazione ha una buona “spendibilità”. Anzi, la partecipazione femminile al mercato del lavoro rimane caratterizzata da una segregazione sia in senso orizzontale che verticale. In entrambi i casi ciò è dovuto al permanere di stereotipi di genere.
Per quanto riguarda quella che viene definita “segregazione orizzontale”, risulta che le donne sono principalmente occupate con contratti cosiddetti flessibili, contratti che in realtà consistono però in una sorta di precariato permanente, particolarmente in settori che si ritengono tradizionalmente femminili e dove abitualmente le donne ricoprono mansioni meno qualificate. La “segregazione verticale” si manifesta invece nei luoghi di lavoro con i loro colleghi maschi, dove, a parità di condizioni e di preparazione, si creano concrete situazioni di svantaggio delle donne. Collocate ai livelli più bassi, esse difficilmente accedono ai livelli elevati sia nella pubblica amministrazione che nelle aziende private. A qauesto proposito il Cnel ritiene che il Governo, e in particolare il Ministero dell'Istruzione, dovrebbero attivare una campagna di informazione e di orientamento nelle scuole per superare il pregiudizio culturale secondo il quale le ragazze sarebbero meno portate verso le materie scientifiche e tecniche e più adatte a quelle umanistiche.
Inoltre, pur sostenendo che la denatalità sia un fattore altamente negativo per lo sviluppo economico del Paese e pur sostenendo che la maternità sia un valore importante, maggiori misure dovrebbero essere prese a favore delle famiglie e a sostegno del diritto a essere madri e ad avere un lavoro professionalmente qualificato.
Le leggi italiane a tutela della maternità sono molto avanzate, forse le migliori in Europa, ma non coprono efficacemente tutte le tipologie contrattuali e poco si è fatto per abbattere l'idea per cui una donna con figli rappresenta un costo troppo elevato per le aziende. Rimane culturalmente diffusa anche l'idea, oltre che incentivata da alcuni concreti provvedimenti legislativi, che il lavoro di cura all'interno della famiglia debba essere prevalentemente svolto dalle donne (angeli del focolare). Il risultato è che rimane un’iniqua suddivisione del lavoro all’interno della coppia.
Il documento del Cnel propone che nei documenti ufficiali e nei provvedimenti legislativi non venga più usato il termine "conciliazione per le donne" ma piuttosto quello di “conciliazione per uomini e donne”. Anche il linguaggio e le parole possono contribuire a un mutamento di cultura. Secondo il Cnel il lavoro domestico e di cura svolto dalle donne potrebbe essere calcolato, o quantomeno stimato, all'interno del Prodotto interno lordo del nostro Paese proprio per sottolineare l'apporto economico che questo tipo di lavoro fornisce.
Un altro ostacolo che si presenta per una maggior partecipazione sul mercato del lavoro da parte delle donne è la carenza di servizi per la prima infanzia e per l'assistenza agli anziani non autosufficienti. Una differenza manifesta fra uomini e donne sul mercato del lavoro è, di conseguenza, una grande disparità nelle situazioni pensionistiche dei due sessi. Le donne hanno infatti normalmente un numero minore di anni e di ore di lavoro retribuito, a causa dei carichi familiari e versano pertanto meno contributi nel sistema previdenziale.
Una conseguenza di questa situazione, fa rilevare il Cnel, è che il "vantaggio" di vivere più a lungo si trasformà concretamente in uno "svantaggio", perché le donne pensionate si troveranno esposte a un maggiore rischio di povertà e di periodi di non autosufficienza nell'ultima parte della vita. Nel medio e lungo periodo si potrebbe così avere un numero elevato di donne anziane, sole ed indigenti, che andrebbero a costituire un vero problema di giustizia sociale (oltre che economico), a meno che non si prendano per tempo le opportune misure. Il Cnel propone dunque, a questo proposito, che ogni qualvolta si adottino provvedimenti nel mercato del lavoro e nelle leggi in generale si analizzino e si tengano in considerazione le ricadute che essi avranno nel futuro previdenziale. Vale per le donne, ma anche per i giovani e per tutti coloro che hanno forme contrattuali precarie.
Harma Keen