La gita di classe la organizziamo da soli

A causa dei tagli ai fondi per la scuola pubblica le gite scolastiche sono state soppresse in molti istituti. Gli studenti rispondono con la "gita autogestita". Ma è la stessa cosa?

07/05/2013

La primavera è tradizionalmente la stagione dei “viaggi di istruzione”, detti più comunemente “gite scolastiche”. Quest’anno, però, le comitive studentesche in giro per le principali città d’arte sono meno numerose. Secondo le stime dell’Osservatorio sul turismo scolastico del Touring Club Italiano uno studente su tre non parteciperà a una gita scolastica: un calo complessivo, rispetto alla scorso anno scolatico, del 20 per cento.

Scuole e famiglie in crisi

Il dato viene interpretato come conseguenza delle difficoltà economiche legate alla crisi. Ma c’è anche un’altra spiegazione. A fronte dei tagli ai finanziamenti alla scuola, ormai già da due anni molti collegi docenti hanno deciso la sospensione di tutte le attività “extracurricolari” (tra cui appunto le gite).
A maggior ragione quando sono state eliminate del tutto anche le pure già magre “diarie” (cioè il trattamento di missione previsto per tutti i dipendenti pubblici, ora tranne che per gli insegnanti, quando siano inviati fuori sede, a titolo di rimborso spese). Agli studenti è spiaciuto rinunciare alla gita, ma spesso hanno compreso le ragioni di questo “sciopero bianco” e hanno deciso di sostenerlo.

Gite “autogestite”


Ora giunge però da qualche istitituto la notizia di una nuova prassi. In alcune scuole gli studenti si sono organizzati in autonomia e, con la tolleranza degli insegnanti, si sono fatti la loro gita “fai da te”. Hanno cercato su Internet i più vantaggiosi pacchetti low-cost e sono partiti per conto loro. Con il beneplacito dei genitori, dei professori e dei presidi. In un’epoca in cui il vocabolo “autogestione” a scuola è la parola magica, la soluzione sembra perfetta.

Ma siamo sicuri che sia quella ottimale? Certo, se si vede la gita soltanto come occasione di svago e di divertimento, è ancora meglio che – come in questo caso – non ci siano quei rompiscatole degli insegnanti a stabilire mete culturali da visitare, orari da rispettare, ore di sonno da osservare. Ma così, allora, la gita scolastica non è nulla di diverso da una vacanza. Va da sé che il vero viaggio d’istruzione è però un’altra cosa. È certamente un’occasione di socializzazione, ma è un’occasione di socializzazione che ricava la propria significatività dalla dimensione culturale e didattica. È un altro modo di fare scuola, e perciò la presenza e la guida degli insegnanti sono elementi essenziali.

Il senso della gita scolastica


Nella mia carriera di docente, ho avuto modo di fare, in questo senso, esperienze indimenticabili. Come una settimana bianca, in cui la mattina si andava a sciare e di pomeriggio si era stabilito un tema (l’età della Riforma) che veniva approfondito attraverso una serie di lezioni sviluppate, con un taglio interdisciplinare e in compresenza, dagli insegnanti di storia, filosofia, letteratura italiana e religione cattolica: un approccio seminariale al programma di quarta liceo, non una semplice settimana sulla neve, ma un vero e proprio corso monografico residenziale. Ma non erano meno significative le risalite in seggiovia, per me l’occasione di scambiare due parole a tu per tu con i diversi ragazzi, che spesso solo nel tempo sospeso della gita noi insegnanti riusciamo a conoscere individualmente un po’ meglio e più da vicino, al di là dell’immagine che percepiamo nella distanza cattedra-banco. Per questo direi che la gita, per molti aspetti, è forse più utile più a noi docenti che agli stessi studenti.

Un altro anno organizzammo, grazie alla collaborazione con un’associazione culturale toscana, una lettura di testi danteschi, da parte dei nostri allievi, a Firenze, nella splendida cornice di Palazzo Medici Riccardi. I ragazzi leggevano, nella sua città, le opere di Dante, di fronte a un pubblico di fiorentini. Altri tra loro, quelli in grado di suonare uno strumento musicale, accompagnavano le letture con la musica. Fu un trionfo: unanime l’apprezzamento per questi ragazzi di 16-17 anni che si erano cimentati con tanto entusiasmo in un’attività così lontana da quelle che si pensano essere le loro passioni abituali.

Ti capita, a distanza di anni, di rivedere qualche tuo ex studente e spesso ti accorgi che i loro ricordi più vividi sono proprio quelli legati alle gite, a quella volta a Roma o a quell’altra a Vienna. Aneddoti, immagini, umanità, senza cui l’esperienza scolastica sarebbe stata molto meno bella.

Roberto Carnero
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