13/03/2012
Il "senso della famiglia" è fra i valori più importanti degli italiani.
La famiglia, la qualità della vita, la tradizione religiosa, l'amore per il bello: ecco i valori in cui gli italiani credono. Lo rivela una ricerca del Censis su "I valori degli italiani" realizzata nell'ambito delle attività per le celebrazioni del 150° anniversario dell'Unità nazionale. Non sono l'individualismo né il consumismo le forze su cui il Paese deve puntare per risollevarsi, chiarisce l'indagine, presentata oggi da Giuseppe De Rita, Giuliano Amato e il sottosegretario Paolo Peluffo.
È dunque un Paese maturo, ancorato a valori solidi, disilluso dalle sirene che negli utimi decenni hanno risuonato nella nostra società, quello che emerge da questa interessante ricerca. E nel momento in cui la crisi fa svanire i progetti effimeri, tornano, più forti e luminosi di prima, i pilastri della nostra vita individuale e sociale. Primo fra tutti, «il senso della famiglia», identificato dal 65,4 per cento degli italiani come valore fondamentale. È in atto una riscoperta delle figure genitoriali e, in particolar modo, di quella del padre. E qui vale la pena di ricordare che nel '98 il Censis, conducendo una ricerca analoga, rilevò che il modello di riferimento fosse il padre per 14,7 degli intervistati; oggi quella percentuale è salita al 22,1. Certo, la famiglia è al centro di importanti trasformazioni: nel decennio 2000-2010 sono ad esempio diminuite le coppie coniugate con figli, mentre sono aumentate quelle non sposate con prole.
Secondo il Censis, si fa strada una fede più "organizzata" e meno individualista.
La religione viene indicata come un punto di riferimento dal 21 per cento degli italiani. E se negli anni Ottanta si professava credente, riconoscendosi in un credo "organizzato", il 45,1 per cento, oggi siamo al 65,6. Il rapporto Censis evidenzia un dato che merita di essere sottolineato: negli ultimi 20 anni è venuto meno un atteggiamento autonomo e individualistico rispetto alle fede, a favore di una convergenza verso forme di religiosità istituzionalizzate.
Ancora, fra i valori che ci guidano è stato messo ai primi posti l'amore per il bello. Un valore assoluto per il 20 per cento degli italiani, ma, se si considera la quota di quanti sono convinti che vivere in un posto "bello" aiuti a diventare persone migliori, arriviamo al 70 per cento. In questa alleanza fra etica ed estetica il Censis ravvisa una straordinaria molla per ripartire, una via per rifondare la nostra società, anche in forza della valenza educativa del bello. D'altra parte, in fatto di bellezza noi italiani ci consideriamo ancora leader mondiali. Per il 56 per cento dei cittadini - il sette per cento in più del 1998 - il nostro è ancora il Paese dove complessivamente si vive meglio. Un po' a sorpresa, scopriamo che l'esterofilia non ha attecchito, tanto che i due terzi degli italiani non lascerebbero in nessun caso il Paese, nemmeno se ne avessero la concreta possibilità.
L'amore per il bello che accomuna gli italiani deve costituire un motore da cui ripartire.
In generale, emerge il ritratto di una società che ha voltato le spalle all'individualismo, mettendo in primo piano le relazioni. Insieme alla tendenza a un'egoistica chiusura su se stessi e alla pretesa di autosufficienza, è caduta anche l'illusione del consumismo. Sembra che gli italiani abbiano acquisito consapevolezza che avere più cose non aumenta la felicità. Il 57 per cento ritiene che, anche al di là delle ristrettezze imposte dalla crisi e ai problemi di reddito, nella propria famiglia il desiderio di consumare sia diminuito rispetto a qualche anno fa. Anzi, c'è la convinzione che si potrebbero ulteriormente tagliare sprechi ed eccessi. Perché quello che conta è un sano rapporto con gli altri.
Nel complesso si delinea un Paese che, forse a causa della crisi, si è liberato di tante chimere e ha deciso di puntare decisamente su valori certi e intramontabili. È proprio nelle pieghe più profonde e vere della società che il Paese può trovare l'energia per edificare un futuro migliore.
Paolo Perazzolo