12/01/2013
Secondo la sentenza della Cassazione un minore può crescere bene anche in una famiglia omosessuale (Reuters).
La Cassazione ha confermato l'affidamento esclusivo di un bimbo alla madre, che convive con un'altra donna, rigettando il ricorso presentato dal padre: un minore può crescere in modo equilibrato anche in una famiglia omosessuale, hanno sostenuto in sintesi i giudici. Tale sentenza ha innescato immediatamente un dibattito molto vibrante, in cui è stata utilizzata come un “pretesto” per altre battaglie. Bene fa oggi il professor Mirabelli, sulle pagine del Corriere della Sera, a ricordare che si tratta di una sentenza “legata al caso specifico e non intende dettare una disciplina, né apre all’adozione per le coppie omosessuali”.
Purtroppo molte associazioni e movimenti di persone omosessuali hanno subito strumentalizzato questa notizia, invocando per la prossima legislatura impegni e legislazione su “matrimoni gay”, “adozioni per coppie omosessuali”, ecc.
Qui la vicenda è certamente ben diversa, e forse è proprio ciò che si è dimenticato; ci si dimentica di sottolineare che questa sentenza è l’ennesimo passaggio di una vicenda familiare complessa, con un padre escluso dalla potestà genitoriale perché violento, con un bambino da proteggere, e che per questo viene affidata “alla sola madre” (e alla sua nuova condizione familiare).
La prima sconfitta di questa vicenda, è proprio la perdita della bigenitorialità per il bambino, l’impossibilità di garantirgli il diritto a vivere con entrambi i propri genitori. E questa sconfitta e frutto di separazione complessa, che scarica sofferenza su tutti gli attori. Ma questo è totalmente ignorato. E dispiace questa accettazione supina delle sofferenze legate a molti percorsi di separazione, su cui la società sembra aver gettato la spugna, senza servizi sociali, psicologici di sostegno alle fragilità relazionali di coppie, genitori, famiglie.
Serve un grande dibattito anche su questo, prima e oltre le aule dei
Tribunali.
Poi la Cassazione affronta il tema della appropriatezza della “nuova
condizione familiare”, respingendo il ricorso del padre perché “sulla
base della doglianza del ricorrente non sono poste certezze scientifiche
o dati di esperienza”, ma solo “il mero pregiudizio che sia dannoso per
l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia
incentrata su una coppia omosessuale”.
Bene fa la Corte a rifiutare il
pregiudizio; però questo non significa legittimare il “pregiudizio
opposto” della indifferenza sessuale, quello che pretende di affermare
che la naturale differenza sessuale dei genitori non sia un dato
fondamentale per la migliore protezione del benessere del bambino.
Difendere il diritto del bambino ai propri genitori, e quindi il diritto
più specifico a potersi confrontare con un maschile e un femminile, non
significa assumere un pregiudizio, ma rispettare e custodire un dato
naturale e culturale ineliminabile, quella della differenza sessuale,
anche di fronte ai rapidi mutamenti sociali e strutturali oggi presenti.
Su questo nodo, che riguarda il benessere dei nostri figli, serve un
dibattito serio. Il grave caso della Francia, in cui il Governo pretende
di impedire alle scuole cattoliche di discutere al proprio interno sul
tema del matrimonio tra persone omosessuali, conferma che il pregiudizio
può avvelenare anche le posizioni che sembrano più “libertarie”.
Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari