22/11/2012
In Italia sono 14.161 le imprese dei “baby settori”, cioè che si occupano dei bisogni di mamme e neonati, tra negozi di vestiti per bambini e bebè (7.573), asili nido (3.383) e scuole dell’infanzia private (3.171). È quanto emerge da un’analisi del registro imprese 2012 della Camera di commercio di Milano.
Le regioni leader? La Lombardia, dove si trova un’impresa italiana su sei, e la Campania.
E tra le province italiane è Napoli la regina dei baby settori con ben 1.041 imprese attive (7,4% del totale italiano di settore), seguita da Roma con 1.016 imprese (7,2%), Milano (669 imprese, 4,7%) e Torino (550 imprese, 3,9%). Un risultato apparentemente inusuale, che rompe la leadership milanese e romana in settori simili, ma che si può spiegare facilmente ricordando la tradizione della provincia partenopea nel confezionamento e nel commercio dei vestiti. In Campania, infatti, ci sono ben 1.167 negozi di abbigliamento per bambini e neonati, a fronte, ad esempio, dei soli 72 del Friuli-Venezia Giulia.
La Lombardia torna la “capitale economica”, invece, per le imprese
attive come asili nido (25,4%), scuole dell’infanzia (22,4%) e fabbriche
di carrozzine e passeggini (58,8%). I dati della Camera di Commercio
rivelano, inoltre, una specializzazione delle singole province: Milano
concentra soprattutto asili nido privati (37,8% lombardo), negozi
specializzati (27,7% regionale) ed è seconda per scuole d’infanzia
(18,2%). Bergamo vanta il primato per numero d’imprese che
fabbricano carrozzine (50%), mentre Brescia è prima per scuole materne
(18,6% del totale lombardo).
Federica Ortalli, membro di Giunta della Camera di Commercio di
Milano, sottolinea «la femminilizzazione, la capacità di fare network,
la proattività e la creatività che contraddistingue le Lombardia». A
fronte di un numero elevato di imprese, ricorda però che «negli ultimi
anni la famiglia è stata duramente colpita dalla crisi e quindi,
analizzando il settore, si nota un calo degli utili». Tuttavia, «i
genitori italiani tendono a tagliare maggiormente le spese per i figli
più grandi, mentre nei baby settori (0-8 anni) continuano a spendere.
Alle volte, per i figli più piccoli, anche in maniera più spensierata».
Stefano Pasta