04/07/2011
«Si accorcia di anni, anche di decenni, l’attesa di vita per i giovani e i
giovanissimi alla ricerca dello sballo da alcool, fenomeno che si dilata in
maniera esponenziale soprattutto nei fine settimana e nei periodi di vacanza
grazie alle maggiori occasioni di socializzazione e al controllo dei genitori
che si allenta». La conferma arriva da uno studio condotto dall’Ospedale
Pediatrico Bambino Gesù e pubblicato sulla rivista scientifica Alcohol and
Alcoholism, che ha preso in esame l’associazione e l’amplificazione dei
danni al fegato generati da alcool e obesità insieme. Due concause che non si
sommano, ma si moltiplicano esponenzialmente.
E la sbornia di ultima
generazione ha anche un nome: si chiama binge drinking e consiste nel bere una
grande quantità di alcol molto velocemente per ubriacarsi il prima possibile. Un
eccesso già di per sé dannoso che, se ripetuto costantemente nel tempo -
soprattutto in presenza di problemi come l’obesità o di altri aspetti
caratteristici della sindrome metabolica che vedono al centro della problematica
il fegato grasso -, diventa una vera e propria bomba ad orologeria in grado di
accorciare sensibilmente le aspettative di vita.
Secondo le ultime
statistiche (Iss), in Italia a darsi alla bottiglia sin dalla tenera età è il
42% dei ragazzi e il 21% delle ragazze minorenni. L’alcool seduce anche i
bambini: 18 su 100, decisamente al di sotto dei 16 anni, hanno adottato almeno
un comportamento a rischio alcool-correlato.
E se i numeri sull’abuso di
alcolici tra giovanissimi spaventano, non meno impressionanti quelli legati
all’obesità e al sovrappeso, problemi che interessano ben 1 bambino su 3. E
quando obesità e alcool si incontrano ne esce un mix pericoloso quanto quello
creato dal suo opposto: il digiuno prolungato per incrementare l’effetto
“sballo” da consumo di alcool, fenomeno (detto drunkoressia) particolarmente
diffuso tra le ragazzine.
«Quello che stiamo osservando nei nostri
ragazzi è il costante aumento della presenza di problemi al fegato cronici e
progressivi (infiammazione, steatosi, fibrosi) che compromettono la struttura
dell’organo stesso fino alla perdita totale della sua funzione – sottolinea
Valerio Nobili, Responsabile Epatopatie metaboliche e autoimmuni dell’Ospedale
Pediatrico Bambino Gesù -. Nel nostro Paese si stima circa un milione di bambini
con fegato grasso, ai quali vanno aggiunti quelli con sindrome metabolica e
quindi a rischio di infarcire il fegato di grasso, nonché i ragazzi-bevitori,
esposti allo stesso identico rischio. La risultante di questo processo sarà un
impennarsi della spesa sanitaria per le cure richieste da questa patologia e un
numero sempre più grande di adolescenti col fegato compromesso che saranno
adulti malati e quindi ancor più bisognosi di cure mediche. È obbligo
istituzionale e dovere morale di noi pediatri intervenire per arginare la
pandemia "alcool e fegato grasso"».
Nei giorni 8 e 9 luglio 2011 si terrà a Roma presso il Palazzo delle
Esposizioni il primo convegno nazionale
organizzato dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù sulla "Sindrome
Metabolica in pediatria": esperti
internazionali faranno il punto sullo stato dell’arte e metteranno in campo
tutte le attuali conoscenze al fine di diramare linee guida nazionali per
combattere questo dilagante fenomeno adolescenziale.
RedattoreSociale.it