Gli insegnanti e gli alunni con ADHD

A Milano, un recente convegno ha illustrato le ultime novità sul Disturbo da deficit di attenzione. Particolare spazio è stato dedicato alle diffcoltà vissute dagli insegnanti

21/12/2012

Torniamo a parlare di ADHD. Quella sigla che fa tanto tremare genitori, insegnanti ed educatori e che corrisponde alla più nota definizione di disturbo da deficit di attenzione e iperattività. Di origine neuro-biologica, questo deficit può manifestarsi nell’infanzia (a partire dall’età prescolare), come in età adulta, con alcuni sintomi specifici, quali la disattenzione, l’impulsività e l’iperattività motoria. Gli ultimi studi specialistici inquadrano il problema come un’alterazione nella capacità di elaborare le risposte agli stimoli provenienti dall’ambiente. Inoltre, rischia di interferire con lo sviluppo e l’integrazione sociale del bambino o dell’adolescente. Se la sindrome viene correttamente e precocemente diagnosticata, e il bambino viene indirizzato verso terapie adeguate, i risultati sono, di solito, abbastanza soddisfacenti e, soprattutto, si ha la possibilità di ridurre e anche di prevenire un’evoluzione destinata potenzialmente a complicarsi nell’adolescenza.

Recentemente, la Regione Lombardia ha attivato un progetto per la presa in carico dei bambini affetti da ADHD, attraverso la creazione di una rete di servizi di neuropsichiatria infantile. Ciò ha consentito a ben 18 Centri regionali accreditati per la cura di questo disturbo di condividere percorsi diagnostici, programmi di formazione, approcci terapeutici e di supporto alle famiglie dei pazienti. Il passo compiuto è di notevole importanza. Potrebbe essere di esempio anche per altre patologie neuropsichiatriche infantili e diventare un modello per le altre Regioni italiane.

Nonostante inizino a comparire segnali positivi in questa direzione, restano ancora molti nodi da sciogliere. Primo tra tutti, la discrepanza, che interessa soprattutto il nostro Paese, tra i casi attesi e i casi realmente diagnosticati: su 75.000 casi potenziali, solo 3.000 ricevono una diagnosi. Una diagnosi tempestiva agevolerebbe un trattamento adeguato, evitando di provocare in chi ne soffre complicazioni ulteriori nell’adolescenza e nell’età adulta, quali difficoltà scolastiche, episodi di disturbo bipolare, grave disadattamento sociale e relazionale, fino ad arrivare a problemi di alcolismo o tossicodipendenza. In seconda battuta, permangono non poche carenze nel sostegno alle famiglie e agli insegnanti (i due fondamentali pilastri coinvolti, oltre agli specialisti, nella cura dei bambini con ADHD), per accrescere la conoscenza e la consapevolezza di questo disturbo, fornendo loro gli strumenti atti a contrastarlo.

Sono questi gli aspetti salienti emersi in occasione del convegno ADHD: La necessità di percorsi diagnostico-terapeutici condivisi, tenutosi lo scorso 12 dicembre a Milano. Sono intervenuti: Claudio Mencacci, direttore del dipartimento di Neuroscienze, A.O. Fatebenefratelli di Milano, Alberto Ottolini, direttore dell’Unità operativa di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza sempre del Fatebenefratelli, Massimo Molteni, direttore sanitario IRCSS Eugenio Medea, Associazione La Nostra Famiglia di Bosisio Parini, Vittorio Lodolo D’Oria, esperto di Stress Lavoro Correlato (SLC) negli insegnanti e Lucia Cento, pedagogista e collaboratrice AIFA (Associazione Italiana Famiglie ADHD).

Di particolare rilievo gli spunti offerti da Vittorio Lodolo D’Oria in merito al ruolo degli insegnanti che entrano in relazione con gli allievi iperattivi. Secondo l’esperto, «una recente ricerca dei sindacati scuola dei Paesi europei rivela che l’insegnamento è tra le occupazioni a più alto rischio per la salute mentale. E lo stress da lavoro è spesso legato a violenza, bullismo, mobbing e comportamento inaccettabile degli studenti». Studi italiani, in aggiunta, mostrano che la categoria dei docenti è soggetta al rischio di patologie psichiatriche con una frequenza pari a due volte quella della categoria degli impiegati, due volte e mezzo quella del personale sanitario e tre volte quella degli operatori manuali. Nel 2007 la Francia ha lanciato l’allarme suicidi tra gli insegnanti, la Gran Bretagna ha denunciato la stessa triste realtà nel 2009 per poi confermarla nel 2012, e il Giappone ha constatato che nel giro di dieci anni (1995-2004) le assenze per malattia psichiatrica dei docenti sono triplicate, facendo passare l’incidenza della patologia mentale dal 34% (1995) al 56.4% (2004) tra le cause di assenza per malattia.
 
È dunque il disturbo del comportamento e della condotta a costituire le maggiori difficoltà per un docente nella gestione della classe. Gli insegnanti, specie quelli della scuola primaria, lamentano il fatto che, a differenza di altre patologie (autismo, schizofrenia etc), i disturbi ADHD raramente fruiscono del sostegno. Tale supporto specialistico, pertanto, appare necessario vista la totale assenza di un ausilio istituzionale.

Per agire efficacemente sulle potenzialità dell’insegnante occorre, inoltre, attuare una formazione sullo Stress Lavoro Correlato, le sue componenti e le corrette modalità per affrontarlo. «L’ADHD», puntualizza Lodolo D’Oria, «potrebbe costituire un ottimo spunto per avviare la suddetta attività formativa nella scuola primaria e secondaria di 1° grado, dove, tra l’altro, la percentuale di presenza femminile in cattedra supera il 90%. L’attività di prevenzione sarebbe volta ad accrescere conoscenza, consapevolezza e condivisione del rischio di Stress Lavoro Correlato (SLC) tra i docenti nonché gli strumenti atti a contrastarlo; e a far apprendere ai docenti dinamiche e tecniche relazionali adeguate per interagire efficacemente con gli alunni problematici (ADHD) e le loro famiglie, abbattendo così, contestualmente, lo Stress». Il primo obiettivo intende favorire l’auto-valutazione del rischio SLC da parte del docente, ponendolo nella condizione di conoscere le variabili che inducono stress. La consapevolezza del rischio SLC nei docenti, il controllo dei livelli di stress e la conoscenza dei diritti/doveri dei lavoratori consentiranno di applicare al meglio le tecniche di auto-aiuto e condivisione. Il secondo obiettivo punta ad accrescere la professionalità del docente nell’affrontare il comportamento inaccettabile degli alunni. Attraverso il contributo di specialisti si potranno comprendere e adottare i comportamenti idonei a rapportarsi adeguatamente con gli alunni e i genitori, abbattendo il rischio di SLC nell’insegnante stesso.

Simone Bruno
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