Di videogiochi si torna a parlare in occasione della seconda edizione di Games week, lo show dedicato al mondo videoludico, organizzato da Aesvi (associazione editori sviluppatori videogiochi italiani) al Miko di FieraMilanoCity, dal 9 all'11 novembre. Più di ventisei i titoli in uscita da sperimentare in anteprima, oltre alla nuova console della Nintendo. Ne parliamo con Manuela Cantoia, esperta di psicologia dell'apprendimento e dell'educazione dell'Università Cattolica di Milano. - In cosa consiste la particolarità di questo evento? «Non è la classica fiera di esposizione dei prodotti, ma saranno organizzati dei tornei dove i genitori potranno mettersi in gioco insieme ai propri figli. Quest'anno il messaggio alle famiglie è ancora più forte: va bene far giocare i bambini ma con giochi adatti alla loro età. Proprio per questo è stata allestita un'area appositamente dedicata a loro». - Come è cambiato nel tempo il rapporto dei bambini con il videogioco? «Ormai è una forma di comunicazione e intrattenimento sempre più diffusa: non si parla di novità ma di continuo progresso verso nuove e sofisticate forme e modalità di gioco. Ed è sempre più sociale: il mito del bambino chiuso nella sua cameretta lascia il posto al divertimento come interazione con gli amici, agevolata da un maggior coinvolgimento dell'attività corporea. La nuova finalità del giocare è l'edutainment, cioè educazione e divertimento insieme. Ma non giocano solo i bambini: l'età media è di 28 anni». - Quali sono le regole per la corretta gestione del videogioco in famiglia? «È un problema culturale: gli aspetti positivi che il gioco può avere sul piano delle abilità e dei contenuti sempre più formativi non devono indurre i genitori a pensare che, perché è un gioco, va sempre bene. Innanzitutto, bisogna rapportare i contenuti all'età. Per insegnare un uso responsabile occorre giocare con i propri figli o informarsi su cosa stanno facendo, vietare tempi di fruizione eccessivi ed evitare la monomedialità».
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Francesca Fiocchi