28/10/2011
Qual è l’incidenza sulla spesa sanitaria dei quasi 5 milioni di immigrati che vivono nel nostro paese? Veramente bassa stando ai dati forniti dalla Sifo, la Società italiana di Farmacia ospedaliera e dei Servizi farmaceutici delle Aziende sanitarie, che nel recente congresso nazionale conclusosi a Firenze il 19 ottobre scorso ha dedicato una sessione sull’argomento intitolata “Global health ed immigrazione: assistenza sanitaria in una società che cambia”. Sono state analizzate le nuove tendenze in materia di salute all’interno di un contesto socio-sanitario in evoluzione, con l’attivazione del primo Osservatorio sulla prescrizione farmaceutica alla popolazione immigrata, un nuovo progetto in collaborazione con la Società Italiana di Medicina della Migrazioni (Simm), l'Istituto Superiore di Sanità, Cineca e il Consorzio Mario Negri Sud. Il progetto ha coinvolto 39 Asl in 9 regioni, con più di 10 milioni di pazienti assistibili.
I dati emersi sono interessanti e lasciano spazio a molte domande: mentre a circa il 15% della popolazione italiana vengono somministrati più di 10 farmaci nel corso di un anno, soltanto uno arriva al 50% degli immigrati. La ragione principale di questa diversità sta nell’età relativamente giovane degli stranieri, in media 36 anni, e nel fatto che ricorrono ai medicinali in misura minore, ad esempio sul fronte delle malattie cardiovascolari. Non ci sarebbero invece differenze nell’utilizzo dei farmaci per i bambini rispetto a quelli italiani. «Il farmaco può essere un 'tracciante' dello stato di salute delle persone», ha spiegato il presidente della Sifo Laura Fabrizio, «e pertanto abbiamo anche la responsabilità di supportare la salute globale vista l’opportunità che abbiamo di interagire con i clinici e con gli amministratori. Questo progetto, rilevando le variazioni qualitative e quantitative nell'accesso ai farmaci erogati a carico del Servizio Sanitario Nazionale, necessariamente fa emergere i bisogni inevasi, le criticità da affrontare. Voglio ricordare gli immigrati sono un'importante risorsa per l'Europa e per l'Italia in quanto contribuiscono allo sviluppo democratico ed economico».
Un altro dato da considerare nell’indagine è che le fonti di informazioni sulla salute degli immigrati sono eterogenee. «Gli studi finora condotti a partire da indagini specifiche o analizzando i database amministrativi hanno utilizzato soprattutto le schede di dimissione ospedaliera», ha aggiunto Fabrizio. «Poco è stato fatto sulle prescrizioni farmaceutiche, probabilmente perché la molteplicità di attori coinvolti, la frammentazione dei percorsi assistenziali dovuta anche all’elevata mobilità della migrazione, la frequente mancanza di un regolare permesso di soggiorno rendono difficile seguire nel tempo il grado di accesso alle cure. E' necessario potenziare le politiche di inclusione sanitaria, adottate dall’Italia a partire dal 1995, che garantiscono a tutti, immigrati regolari e non, la tutela della salute».
Alessandra Turchetti