30/07/2010
Il 26 luglio, l’Assemblea generale dell’Onu ha votato una risoluzione storica presentata dalla Bolivia: l'accesso all'acqua è un “diritto umano”. Dopo oltre 15 anni di dibattiti, il Palazzo di Vetro ha approvato il documento che consacra il diritto fondamentale ad avere l’acqua. Un diritto che dovrebbe essere naturale. A favore hanno votato 122 Paesi, mentre altri 41 si sono astenuti. Interessante notare che hanno votato a favore della risoluzione Paesi europei come Germania, Belgio, Francia, Portogallo, Norvegia, Svizzera e Italia. Fra gli astenuti: USA, Canada, Inghilterra, Israele, Irlanda, Olanda, Giappone, Corea, Austria, Australia, Polonia, Romania, Croazia.
Il testo «dichiara che l'accesso all'acqua potabile pulita e di qualità e a installazioni sanitarie di base, è un diritto dell'uomo, indispensabile per il godimento pieno del diritto alla vita». La risoluzione ha preso spunto dal fatto che oltre un miliardo e mezzo di persone nel mondo non può avere acqua potabile, e che più di 2,6 miliardi di persone non dispongono di servizi igienici di base. Secondo le organizzazioni umanitarie, sono circa due milioni i bambini che ogni anno nel mondo muoiono di sete o in seguito a malattie contratte per aver bevuto acqua non potabile e che non possono essere curate per la mancanza di servizi sanitari accessibili. Il testo invita gli Stati e le organizzazioni internazionali ad adoperarsi per fornire aiuti finanziari e tecnologici ai Paesi in via di sviluppo e li esorta a “aumentare gli sforzi affinché tutti nel mondo abbiano accesso ai servizi idrici”.
L’acqua è sempre stato un fattore che ha condizionato la nascita, lo sviluppo e la fine di intere civiltà. Oggi sono a rischio interi Paesi del sud del mondo: il 40 per cento della popolazione mondiale, circa 2 miliardi e 200 milioni di esseri umani, vive oggi in 80 Paesi classificati come aridi o semiaridi. E la percentuale è destinata a crescere entro la metà del XXI secolo, fino a raggiungere il 65 per cento degli abitanti della Terra. La risoluzione è un passo avanti importante, ma potrebbe essere una fonte di illusioni se non si mette mano al portafogli. Gli investimenti richiesti sono di parecchi miliardi di dollari. Chi pagherà per garantire il diritto umano di non morire di sete? Le multinazionali del settore idrico attendono i finanziamenti con l’acquolina alla bocca… Ma se gli Stati più poveri del mondo non possono pagare, per garantire il diritto umano venderanno le loro fonti?
Giuseppe Altamore