Meglio la dottoressa o il dottore?

Un recente convegno ha indagato la relazione medico-paziente sotto il profilo delle differenze di genere. Interessanti e provocatori gli esiti.

12/04/2011

Fino a pochi decenni fa non c'era motivo per studiare e valutare se per i pazienti fosse differente avere a che fare con il classico medico maschio oppure con "la dottoressa".
Ora invece negli ambiti di cura fra i medici e l'altro personale medico con formazione universitaria le donne sono spesso otto su dieci.

Fabrizio Asioli, dell'Istituto di Psichiatria dell'Università di Bologna, ha riflettuto su questi cambiamenti durante il convegno annuale dell'Associazione Italiana di Psicogeriatria, tenutosi a Gardone Riviera  in questi giorni. Chi riteneva che nel rapporto medico-paziente si trattasse esclusivamente di competenza professionale ed esperienza, dovrebbe aggiornarsi: anche il genere sia del paziente che del(la) curante ha il suo ruolo nella relazione terapeutica!

Per cominciare: uomini e donne non sempre si ammalano alla stessa maniera, né si comportano come pazienti uguali: fra uomini e donne sono differenti i rischi, gli atteggiamenti verso la propria salute, l'approccio e l'utilizzo dei servizi sanitari.

«Le donne hanno stili di vita più sani, tendono a cercare aiuto con maggior tempestività, riescono ad esporre con maggior facilità i loro problemi sia di natura somatica che psicologica, sono forti utilizzatrici di tutte le tipologie di servizi sanitari, in particolare di quelli di base, hanno maggiore aderenze alle terapie», si è ascoltato nel convegno. Oltre ad abitudini più dannose gli uomini, al contrario, riconoscono e accettano i sintomi con più difficoltà, tendono a non cercare supporto ed aiuto e usano meno i servizi di base. Preferiscono caso mai rivolgersi ai specialisti, privilegiando le competenze tecniche.

E le diversità fra medico donna e medico uomo? Secondo alcuni studi le dottoresse sono più capaci di incoraggiare e di rassicurare, coinvolgono maggiormente i pazienti nelle decisioni, si avvalgono di più di informazioni psico-sociali attraverso domande e dedicano mediamente circa il 10% di tempo in più al colloquio col paziente che non i colleghi maschi.

I pazienti maschi non sembrano dare molta importanza al genere del curante e al suo stile comunicativo; le donne invece sono più "severe" nella valutazione dei loro medici e apprezzano quando le dottoresse mostrano empatia, interesse e rassicurazione... ma gradiscono invece molto meno quando l'empatia e l'interessa esplicito viene dal curante maschio. La consapevolezza delle dinamiche di genere nella relazione medico-paziente merita quindi maggior attenzione: se le diversità di genere solitamente sono considerate opportunità, in sanità queste opportunità potrebbe divenire motivo di maggiore cooperazione e  meno frammentazione. 

Harma Keen
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