28/02/2012
La professoressa Zamagni (a destra) con la giornalista di telenova Annamaria Braccini.
Conciliare
lavoro e famiglia. Ecco un tema di cui si parla poco e, a livello
politico, si fa ancor meno. «Ogni famiglia in Italia si fa carico di far andare
avanti la famiglia, di crescere i figli, di educarli, di procurare il
sostentamento lavorando, creando relazioni significative dentro e fuori il
nucleo familiare», ha ricordato ieri sera Vera Negri Zamagni, introducendo il secondo incontro del ciclo “Lunedì in
famiglia”, e citando alcune situazioni della sua vita personale di
docente di storia economica all’Università di Bologna, di moglie,
madre e nonna. L’incontro, organizzato all’Auditorium Giacomo Alberione di
Milano dal Cisf e da Famiglia Cristiana come preparazione al VII Incontro
mondiale delle famiglie (Milano, 30 maggio-3 giugno), ha preso le mosse dalla
citazione della giornalista di Telenova Annamaria Braccini del Rapporto Ambrosiauneum sulla città di
Milano del 2008, dove si parlava di “donne acrobate” tra casa e lavoro e di
padri che cercano faticosamente di adeguarsi ai nuovi ruoli familiari. A
peggiorare le cose, come ha ricordato Francesco Belletti, direttore del Cisf e
presidente del Forum delle Associazioni familiari, due decisioni discutibili
dell’attuale governo: la chiusura
dell’Agenzia del Terzo Settore e una riforma del lavoro e della fiscalità che
considera sempre i soliti soggetti economici, cioè i sindacati di imprese e
lavoratori, e non quel «pezzo di paese che genera capitale sociale, la
famiglia, luogo primario di soggettività economica».
Vera Negri Zamagni, che ha scritto un libro con l’editrice San Paolo che sta per uscire in libreria dal titolo “Famiglia e lavoro”, ha sottolineato alcune anomalie del sistema economico italiano: le retribuzioni nette in busta fra le più basse in Europa ma con un costo lordo per le imprese fra i più alti; un welfare che non è sufficientemente redistributivo, visto che riduce la povertà relativa scende dal 21% prima degli interventi del welfare a solo il 19% del totale delle famiglie (in Svezia, per fare un esempio, si passa dal 31% al 9%); una tassazione uguale per tutti, singles e famiglie, indipendentemente dal numero di figli; i costi di mantenimento ed educazione, che ricadono quasi solo sulla famiglia, mentre poi è la società nel suo complesso a ricavarne i benefici; una percentuale di donne che lavorano solo al 47%, di cui solo il 13% part-time (se avessimo una quantità di donne al lavoro simile all’Olanda il reddito nazionale crescerebbe del 7-8%); una produttività che, se nel 95 era il 95% di quello degli Usa, oggi è solo al 78% (a differenza di Olanda, Germania e Francia che hanno una produttività ancora superiore a quella statunitense); una percentuale di chi ha un lavoro temporaneo situata al 40% della popolazione, a fronte di una percentuale negli Usa, stato liberista per definizione, al 15%. Tutto questo richiede una profonda e urgente revisione dei fondamentali della nostra politica economica.
Giusi Brignoli
«Oggi il 60% di studenti sono donne», ha poi ricordato la docente «Nella fascia d’età 19-25 anni due terzi delle ragazze e solo un terzo dei maschi vanno all’università, il che vuol dire che non solo avremo sempre più esempi di donne con un grado di istruzione maggiore dei mariti, ma anche che fra 20 anni interi settori della nostra economia saranno governati dal gentil sesso. Un esempio? Nel campo medico avremo un cambiamento epocale». Un argomento che ha poi suscitato l’interesse della platea ha riguardato la suddivisione del lavoro in una prospettiva storica: «La donna e i bambini hanno sempre contribuito fin dall’antichità al lavoro familiare», ha detto la docente bolognese. «Solo con la rivoluzione industriale l’organizzazione della vita si specializza, con le donne prevalentemente a casa e gli uomini invece nelle fabbriche. Oggi una donna a casa, soprattutto con il grande investimento in termini di studio che ha fatto, crea frustrazione in lei e una perdita in termini di formazione per la società».
Ma le donne che lavorano non fanno figli? Niente di più falso secondo la Zamagni: «La nostra demografia, insieme a quella spagnola, è la più bassa in Europa. Meglio l’Olanda e la Svezia che hanno un tasso ben maggiore di donne al lavoro: i termini, lavoro e numero di figli, dunque non sono affatto inversamente proporzionali. Anzi, più le donne sono al lavoro più figli fanno». Un altro argomento dolente riguarda i servizi. Gli asili nido, ad esempio, sono fondamentali per conciliare famiglia e lavoro. «Una proporzione accettabile è quando vengono creati posti per il 33% dei bambini nella fascia d’età di riferimento. Ad oggi solo Lombardia ed Emilia Romagna sono in linea. In alcune regioni del Sud si arriva a malapena al 2%».
Ha chiuso la serata Giusi Brignoli, che ha presentato il progetto Policoro, un’iniziativa della chiesa italiana per favorire la coesione sociale del territorio fondata su evangelizzazione, formazione e gesti concreti a favore soprattutto dei giovani. Il progetto si fonda sul ruolo degli animatori, che vanno a incontrare giovani nei luoghi dove vivono e dove hanno smesso di progettare la loro vita.
Stefano Stimamiglio