Lavoro e studio, per molti una necessità

Quattro studenti su dieci in Italia lavorano per mantenersi. Almeno su questo siamo in linea con l'Europa.

11/11/2011

Non solamente di otium e di libri vivono oggi gli studenti universitari italiani, ma anche di negotium e di lavoro. Complici lo svantaggio sociale e la crisi, studiare non può essere più un'attività a tempo pieno, ma richiede capacità di conciliazione e olio di gomito. A dirlo, nell'ambito di un seminario organizzato questa mattina a Milano dalla fondazione Rui, i risultati dell'indagine comparata europea "Eurostudent IV- Social and economic conditions of student life in Europe" messi a confronto con alcuni risultati ancora inediti della Sesta indagine Eurostudent sulle condizioni di vita e di studio degli universitari italiani. In più della metà dei paesi europei, infatti, quattro studenti universitari su dieci studiano e lavorano e l'Italia si rivela perfettamente allineata alla media con il suo 39% di studenti-lavoratori.

A cambiare, rilevano gli esperti, la percezione di sé che ha lo studente universitario: attraverso le interviste telefoniche realizzate tra maggio e giugno 2010 su un campione di 4499 studenti nostrani di università statali e non iscritti nel 2008-2009 ai corsi universitari di primo e secondo ciclo (lauree triennali, lauree magistrali e lauree a ciclo unico), emerge una convivenza pacifica tra libri e occupazione. Da una parte c'è chi ha già lavorato prima di immatricolarsi. In Italia circa uno studente su quattro non si è iscritto subito all'università: tredici su cento iscritti sono entrati all’università con almeno due anni di interruzione dopo la conclusione degli studi secondari, 11 studenti su cento hanno interrotto gli studi per almeno un anno. Con differenze legate alle condizioni socio-economiche: nel Belpaese il 19% degli studenti provenienti da famiglie meno abbienti (uno su cinque) interrompe gli studi per almeno due anni, la stessa quota scende all’8% - meno di uno su dieci - fra gli studenti in condizione privilegiata (genitori laureati). Una sosta lavorativa che è fenomeno anche europeo, molto diffuso nel Nord (riguarda il 38% degli studenti in Danimarca, il 34% in Irlanda, il 28% in Finlandia e il 24% in Norvegia), poco nel Sud (riprende lo studio dopo due anni di interruzione il 2% degli studenti croati, il 3% dei francesi e il 4% degli spagnoli). L'Italia appare allineata a Germania, Austria e Svizzera, dove il 15% ha ripreso gli studi dopo almeno un anno di interruzione.

Solo che da noi chi torna a studiare a 25 anni ha maggiori difficoltà rispetto ai colleghi europei nel rendersi autonomo dalla famiglia di origine, mentre all'estero gli studenti che nella fascia 25-29 anni vivono fuori dalla loro famiglia di origine, già con partner o figli sono in Austria il 36% di questa classe d’età, il 32% in Olanda, il 41% in Romania, il 47% in Svezia e il 30% in Slovenia. Questi studenti di dimostrano assai più precoci degli italiani, che riescono ad acquisire analoghi gradi di autonomia a 30 anni o più.

C'è poi chi si iscrive all'università senza interrompere gli studi, ma che ha contemporaneamente un lavoro. Varie la motivazioni: dalla necessità economica a causa di una crisi che ha eroso le capacità di spesa delle famiglie, a una scelta individuale legata alla volontà di autorealizzazione e al desiderio di autonomia o alla voglia di creare il prima possibile i contatti col mondo del lavoro per accrescere le possibilità occupazionali a fine percorso. Il lavoro degli studenti è ovviamente saltuario nel 23,2% dei casi, continuativo solo nel 16,4%, appare più diffuso fra chi ha origini sociali non privilegiate (con una percentuale del 41,7%) ma accompagna anche il 29,8% di studenti in condizione privilegiata (con genitori laureati). In Europa lavorano 4 studenti su 10, più frequente il ricorso al lavoro da parte dei meno abbienti.

E per chi studia e lavora la fatica è notevole: in Italia il monte ore totale alla settimana di impegno è in media di 47,6 (20,4 ore di lezioni, 20,7 di studio individuale, 6,5 le ore di lavoro a settimana). Quindi 41,1 ore dedicate allo studio, in linea con la media europea di circa 40 ore a settimana. E chi lavora molto sacrifica il tempo libero sui libri: se si è occupati per 30 o più ore a settimana, il monte-ore di studio è di 32 ore (diminuisce in particolare il tempo dedicato a seguire le lezioni) e il monte ore totale fra studio e lavoro tocca le 62 ore a settimana. Ciò significa che gli studenti sanno fare sacrifici, tendono a rinnciare al tempo libero, prima e più che al tempo per la propria formazione.  

Maria Gallelli
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