Nozze gay, i vescovi francesi....

Un recente documento della conferenza episcopale francese evidenzia, pur nella condanna dell'omofobia, che il matrimonio tra coppie eterosessuali è l'unico fondamento della famiglia.

14/12/2012

  Il primo ministro britannico David Cameron ha dichiarato nei giorni scorsi di essere favorevole alla celebrazione dei matrimoni gay in chiesa, spiegando che alla base di tale orientamento ci sarebbe il desiderio di non escludere gli omosessuali da una «grande istituzione». In alcuni Paesi europei, come la Spagna, questa forma di matrimonio è stata ratificata da tempo, ma anche altrove le novità in questo senso sono numerose. 
Negli Stati Uniti,  nello stato di Washington sono state 800 le coppie, composte da partner dello stesso sesso, a celebrare ufficialmente e nello stesso giorno (10 dicembre 2012) la loro unione, appena tre giorni dopo l'entrata in vigore della legge che legalizza le nozze gay. Quasi lo stesso copione hanno seguito gli stati del Maine e del Maryland. Tutto questo mentre la Corte Suprema federale ha accolto un ricorso avente come oggetto le nozze gay in California, e sul quale si pronuncerà a breve, accanto alla definizione legale di matrimonio contenuta nel Defense Marriage Act
  
Negli ultimi mesi il problema delle nozze gay ha acquisito una particolare rilevanza anche in Francia, dove il Governo ha recentemente approvato un disegno di legge in questa direzione. All’interno di un dibattito che in alcune occasioni ha condotto anche a chiare manifestazioni di intolleranza, si è fatto strada un interessante documento realizzato dall’episcopato francese (datato: 27-09-2012), dal titolo: Elargir le mariage aux personnes de même sexe? Ouvrons le débat!. Il testo, tradotto in italiano da Pietro Boffi, ricercatore del Cisf, per la rivista Famiglia Oggi, presenta toni equilibrati e pacati.

In prima battuta, i vescovi precisano che «l’apertura del matrimonio alle persone dello stesso sesso non è imposta né dal diritto europeo né da una qualsivoglia convenzione internazionale. È un’opzione politica tra le altre, ed è necessario che si sviluppi un dibattito autenticamente democratico per fare emergere la risposta migliore, nell’interesse di tutti». Subito dopo, il testo passa in rassegna i pareri a favore e quelli contrari all’unione tra persone omosessuali, riconducendoli su 3 posizioni.
 
L’opinione dominante «difende l’apertura del matrimonio e dell’adozione di bambini ai partner dello stesso sesso, in virtù del principio di “non discriminazione”. Si situa nella logica della difesa dei diritti individuali. Il matrimonio, in questo caso, non avrebbe una natura propria  o una finalità in sé; non avrebbe altro senso di quello che l’individuo, nella sua autonomia, ritiene di conferirgli. Questo discorso pretende di rappresentare la modernità politica, con la sua propria comprensione dei valori di libertà e uguaglianza».

La seconda opinione, più radicale, «auspica la soppressione del matrimonio tradizionale per sostituirlo con un contratto universale, aperto a due o più persone, dello stesso sesso o di sesso differente. Per i partigiani di questi discorso, non ci sarebbero più i sessi, e la differenza tra uomo e donna sarebbe solo il frutto di una cultura eterosessuale dominante di cui sarebbe bene liberare la società».

La terza opinione, infine, «sostiene che il matrimonio è ordinato alla fondazione di una famiglia e che esso non può riguardare che le coppie eterosessuali, le sole in grado di procreare naturalmente. In questo caso, il matrimonio ha una natura propria e una finalità in sé, che la legge civile inquadra; il senso del matrimonio sorpassa allora la buona volontà degli individui. Questo discorso, che ha dalla sua parte un’esperienza millenaria, pone un limite alla libertà individuale, cosa percepita oggi da alcuni come inaccettabile e retrograda».

Secondo quanto riporta il documento, lo Stato francese non ha attivato una riflessione politica articolata su ciascuna di queste posizioni: «Perché questo dibattito possa instaurarsi, è importante innanzitutto riconoscere il conflitto che esiste tra il significato del matrimonio eterosessuale, e l’esperienza omosessuale contemporanea. Senza una presa di coscienza della posta in gioco di queste divisioni e di queste differenze, un reale lavoro politico è impossibile».
 
In altri termini, si propone di rispettare tutti gli attori che intervengono nel dialogo e di permettere a ciascuno di esprimere liberamente le proprie convinzioni: «Se ogni riserva o interrogativo davanti a questa riforma del diritto di famiglia è qualificato a priori come “omofobo”, non ci può essere un vero dibattito. Lo stesso succede quando la richiesta delle persone omosessuali è squalificata a priori».

Il rispetto di tutte le posizioni implica ascolto reciproco, comprensione delle ragioni esposte e ricerca di un linguaggio condiviso
. La ricerca di un linguaggio condiviso prevederebbe, da parte dei cattolici, «di tradurre gli argomenti derivati dalla Rivelazione in un linguaggio accessibile a tutte le menti aperte. Allo stesso modo, in questo dibattito che concerne il senso del matrimonio civile non c’è spazio per discutere del matrimonio religioso né, almeno in un primo tempo, dei legami tra matrimonio civile e religioso. Per i cattolici non si tratta di imporre un punto di vista religioso, bensì di portare il proprio contributo a questo dibattito in quanto cittadini,  basandosi su argomenti antropologici e giuridici».  

Tuttavia, se il rispetto della persona è chiaramente affermato, bisogna riconoscere che l’omofobia non è del tutto scomparsa dal nostro clima sociale. Per le persone omosessuali, la scoperta e l’accettazione della loro condizione sono spesso parti di un processo complesso e doloroso. «I pregiudizi sono duri a morire», riporta più avanti il documento, «e le mentalità cambiano lentamente, ivi compreso nelle nostre comunità e famiglie cattoliche. Esse sono però chiamate a essere le prime nell’accoglienza di ogni persona, qualunque sia il suo percorso, come figlio di Dio. Perché ciò che per i cristiani fonda la nostra identità e l’uguaglianza tra le persone, è il fatto che siamo tutti figli e figlie di Dio. L’accoglienza incondizionata della persona non comporta l’approvazione di ogni suo atto, al contrario riconosce che l’uomo è più grande dei suoi atti».

Il rifiuto dell’omofobia e l’accoglienza delle persone omosessuali, così come sono, fanno parte delle condizioni necessarie per poter uscire dalle reazioni epidermiche ed entrare in un dibattito sereno attorno alle richieste delle persone omosessuali.

Le rilevazioni statistiche che hanno tentato di fare il punto sugli stili di vita di coloro che vivono una relazione stabile con un partner dello stesso sesso e di indagare le reazioni dei bambini cresciuti in famiglie omogenitoriali, sono piuttosto rare e di difficile interpretazione. Chiarita questa riserva, vanno citati gli studi che hanno mostrato come e quanto le pratiche omosessuali si siano evolute negli ultimi anni, e, ancora più palesemente, quanto l’aspirazione a vivere un legame affettivo duraturo oggi si incontri più massicciamente di 20 anni fa. Questa realtà, tuttavia, non si presenta in modo uniforme: «la coabitazione sotto lo stesso tetto, la relazione sessuale o l’esclusività del partner non fanno sempre parte degli elementi di tale relazione stabile».

Gli estensori del documento sottolineano, inoltre, come «il rispetto e il riconoscimento di ogni persona rivestono ormai un’importanza fondamentale nella nostra società. Le discussioni sul multiculturalismo, il razzismo, il femminismo e l’omofobia sono sottintese da questa domanda di riconoscimento, che oggi si esprime invocando l’egualitarismo. Il non-riconoscimento è sentito come un’oppressione o una discriminazione».
 
Alcuni, tuttavia, sostengono che ogni differenza comporti un rapporto di potere e, di conseguenza, un rischio di dominio di uno sull’altro: dominio dell’uomo sulla donna, del bianco sul nero, dell’eterosessuale sull’omosessuale, ecc. Va da sé, sempre secondo questa visuale, che l’unica soluzione per combattere l’oppressione o la discriminazione coinciderebbe con il cancellare le differenze o il negare loro ogni pertinenza nell’organizzazione della vita sociale.

«È in questo contesto che si iscrive il processo di trasformazione del matrimonio per renderlo accessibile alle persone dello stesso sesso», precisano i vescovi francesi. «La richiesta mira a far riconoscere che l’amore tra due persone dello stesso sesso ha lo stesso valore dell’amore tra un uomo e una donna. La differenza tra i due, in rapporto alla procreazione naturale, è cancellata o giudicata non pertinente per la società. La ricchezza che rappresenta l’alterità uomo/donna, sia nei rapporti individuali sia in quelli collettivi, è passata sotto silenzio. Sembra contare solo il riconoscimento della persona omosessuale e il fatto di mettere fine alla discriminazione di cui essa si ritiene vittima in una società eteronormata».
 
La Conferenza episcopale francese risponde in questo modo: «Pur affermando l’importanza dell’alterità sessuale e il fatto che i partner omosessuali si differenziano dalle coppie eterosessuali per l’impossibilità di procreare naturalmente, possiamo stimare il desiderio di un impegno alla fedeltà di un affetto, di un attaccamento sincero, della cura dell’altro e di una solidarietà che supera la riduzione della relazione omosessuale a un semplice legame erotico. Ma questa stima non ci permette di passare oltre le differenze. La domanda delle persone omosessuali è sintomatica delle difficoltà che prova la nostra società a vivere le differenze nell’uguaglianza. Piuttosto che negare le differenze, provocando una disumanizzazione delle relazioni tra i sessi, la nostra società deve cercare di garantire l’uguaglianza delle persone rispettando le differenze strutturanti che hanno la loro importanza per la vita personale e sociale».

Simone Bruno
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