Maestri esemplari

I maestri di strada di Napoli, che combattono l'abbandono scolastico, e il "maestro sperimentatore" Alberto Manzi protagonisti di una giornata-studio in Bicocca.

18/11/2011

In un'aula magna gremita di studenti universitari accovacciati in poltrone rosse pieghevoli, occhi attenti, si ascolta, in cattedra, il racconto delle vite di maestri speciali. Siamo a Milano, Università Bicocca. In platea molti futuri educatori e insegnanti chiamati a partecipare a una giornata-studio organizzata dalla Facoltà di Scienze della Formazione. Si riflettere sulla figura del maestro attraverso due esperienze significative: i maestri di strada di Napoli, tratteggiati con energica sobrietà dalle parole scritte di Carla Melazzini  (Insegnare al principe di Danimarca, Sellerio, 2011) e dalla voce appassionata di Cesare Moreno; Alberto Manzi, noto volto televisivo degli anni '60 che nella trasmissione Non è mai troppo tardi ha insegnato a leggere a un'Italia adulta e analfabeta, presentato, in forma inedita, nel libro di Roberto Farné Alberto Manzi, l’avventura di un maestro (Bononia University Press).

«I librai non sanno bene in quale scaffale collocare l'opera di Carla che non è un libro di didattica, certamente non un'opera narrativa d'intrattenimento, né un saggio», spiega Cesare Moreno, che del testo è il curatore. Il titolo richiama Amleto, principe di Danimarca: «Un uomo talmente impegnato a pensare se uccidere o meno sua madre che non si sarebbe certamente potuto dedicare alla Matematica e alla Grammatica. Ma noi guardiamo a quella vita come a una vita importante, tragica, ci commuoviamo; se Amleto invece si chiama Gennaro e ha esattamente lo stesso problema, non siamo disponibili a commuoverci». Il libro è il racconto delle persone e delle esperienze legate agli undici anni di attività del progetto Chance, finalizzato al recupero di adolescenti esclusi dalla scuola, a giovani napoletani periferici spesso pluribocciati. Cesare Moreno e Carla Melazzini, marito e moglie, insieme a un'equipe di educatori e insegnanti hanno lavorato quotidianamente fianco a fianco. Il progetto è stato chiuso nel 2009, ma l'associazione Maestri di Strada, costituitasi nel 1999 e diventata onlus nel 2001, continua a operare con attività di prevenzione e recupero della dispersione scolastica (www.maestridistrada.net). E si sta attivando per diventare una Fondazione. «Questo libro, che non si sa bene come classificare, pone lo stesso problema che pongono gli emarginati: non si sa bene dove metterli. Stanno ai margini, ma anche sui margini e sfidano i marginati. Nei loro confronti si ha un'atteggiameno di condanna, ma anche una profonda attrazione, perché è da qui che arrivano le novità, le cose belle succedono sui confini e nelle periferie, nelle periferie dell'anima, delle città, del mondo. La lingua che si parla ai confini dell'anima, ad esempio, è una lingua franca, fatta di emozioni e sentimenti, dell'autentico vivere umano. Ed è quella che permette di capirci». È un appello a diventare periferici, a parlare la lingua "sporca" delle emozioni. «Nelle periferie non c'è ribellione, ma una profonda rabbia: il nostro compito non è quello di contrastarla né quello di esaltarla, ma di eleborarla. Di trasformare in parole le cose indicibili». Con una lucidità che, tra le righe, non cede mai il passo al sentimentalismo. È un invito a rinnovare l'entusiasmo, a sopportare le continue frustrazioni che un mestiere come quello dell'insegnante genera, ad avere coraggio. Senza pensare di essere i salvatori di nessuno: «Sono i ragazzi che si conquistano il loro mondo nuovo, non siamo noi che glielo regaliamo. E devono pagarlo con la loro fatica».

Alberto Manzi.
Alberto Manzi.

Anche Alberto Manzi ha suonato le stesse note. Molti ricorderanno la sua voce pacata, i disegni tratteggiati gradualmente sui fogli che si aprivano lentamente raffigurando parole e lasciavano i telespettatori in attesa di un punto d'approdo (clicca qui).

Roberto Farnè, docente di Pedagogia del gioco e dello sport nella Facoltà di Scienze motorie dell'Università di Bologna e Direttore del Dipartimento di Scienze dell'Educazione, oltrepassa il Manzi televisivo. Ne racconta la vita in modo dettagliato, fa parlare lui stesso in una video-intervista realizzata poco prima della sua morte, avvenuta nel 1997, e trascritta nel suo libro. Emerge la figura di un maestro sperimentatore, conscio del potere assegnato alla figura dell'insegnante e della responsabilità nata da questo potere. «Non si hanno i dati precisi perché non è mai stata fatta un'indagine di questo tipo, ma si stima che oltre un milione di italiani adulti abbia conseguito la licenza elementare grazie alla sua trasmissione tv "Non è mai troppo tardi"», spiega Roberto Farné.  «Laureato in Biologia e Pedagogia, Manzi ha rinunciato alla carriera universitaria per continuare sul campo le ricerche di psicologia didattica perché all'Università, a suo dire, non si sperimentava niente. Aveva iniziato la sua attività scolastica nel 1946 nel carcere 'A. Gabelli' di Roma: 94 alunni, fiducia sul campo guadagnata anche con le maniere forti. Intensa l'attività di scrittore, con oltre 30 titoli tra racconti, romanzi, fiabe, traduzioni e testi di divulgazione scientifica tradotti in tutte le lingue. Dal 1954 al '77 è stato in Sud America ogni estate per corsi di scolarizzazione agli indigeni e attività sociali». Un maestro che non faceva l'impiegato, che in classe dava consegne non ordini, che instaurava profonde relazioni con gli alunni e insegnava partendo dall'esperienza, non imponendo nozioni, ma stimolando nei ragazzi la formazione di concetti. Rispettoso delle istituzioni ma non servile, sottoposto ben otto volte a cosiglio di disciplina, rimase quattro mesi senza stipendio per essersi rifiutato di compilare le schede di valutazione dei suoi alunni più fragili perché le parole, diceva, sarebbero rimaste scritte e li avrebbero marchiati  anche nel futuro. Insegnava ai bambini non solo a risolvere i problemi, ma anche a scriverli. Portava la sue classi all'isola di Vulcano, e ci portava tutti. Insegnava la scrittura descrittiva, le sequenze, dando il tema: "Scrivi come si lavano i denti" e correggeva riproducendo quanto scritto dai ragazzi, con spazzolino in mano e dentifricio. Un maestro d'altri tempi, ma una modello ancora attuale anche per i professori che vivono oggi dietro a una cattedra.

Al termine della giornata un po' di entusiasmo ha contagiato tutti, anche i più scettici. Anche chi, per ascoltare le parole dette senza pessimismi eccessivi, senza i pregiudizi  nati dalla quotidianità, si è imposto di negare a sé stesso per un attimo di essere insegnante o alunno, di non pensare alle tante difficoltà vissute in classe, ai tanti professori o colleghi che fanno solamente gli impegati. L'aula magna si è svuotata  infatti solo a microfoni spenti. E i volti entusiasti dei ragazzi sono finiti subito su Facebook, nella bacheca sempre prontamente aggiornata di Cesare Moreno.

Maria Gallelli
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