07/06/2011
Sergio Marelli è segretario generale della Focsiv e presidente del Comitato italiano per la sovranità alimentare.
Sergio Marelli, segretario generale della Focsiv e presidente del Comitato italiano per la sovranità alimentare, sarà uno dei protagonisti della seconda tappa di Tobia, la grande iniziativa della San Paolo e del Forum delle associazioni familiari che porta la cultura cattolica nelle piazze italiane (www.libreriatobia.it), ora a Brescia dal 9 al 12 giugno. Marelli ha da poco pubblicato Ong: una storia da raccontare. Dal volontariato alle multinazionali della solidarietà (Carocci). Del suo libro, dell'iniziativa "Tobia: famiglia e parole in viaggio", delle nuove sfide del volontariato e di molto altro parlerà venerdì 10 alle 18.00 a Brescia.
- Il suo libro ripercorre a grandi linee la storia della cooperazione allo sviluppo in Italia, dalla nascita delle prime Ong alla loro differenziazione e strutturazione. Può aiutarci a fare chiarezza in questo settore?
«Innanzitutto la sigla Ong cosa individua in realtà?
Dopo che l'acronimo è entrato nel linguaggio comune, anche a seguito delle legislazioni promulgate per il Terzo settore italiano, esso tende a rappresentare un insieme di tipologie di organizzazioni diverse per i valori e le culture di riferimento, i principi ispiratori dell'agire e le metodologie, le strategie e le modalità operative. Una "non definizione" che sempre più richiede maggiore trasparenza e chiarezza comunicativa, anche per mettere i donatori in condizione di scegliere e l'opinione pubblica di distinguere, evitando luoghi comuni e superficiali generalizzazioni».
- Oggi ha ancora senso parlare di azione politica della cooperazione allo sviluppo?
«Qualunque attività di cooperazione contiene una o più azioni politiche. La scelta dei partner con cui lavorare nei Sud del mondo; i settori di intervento dei progetti di sviluppo; la selezione dei donatori pubblici e, soprattutto, privati; le tematiche di lobbying e il posizionamento nei confronti delle istituzioni sono delle vere e proprie occasioni dove la cooperazione contribuisce alla costruzione di politiche responsabili nei confronti dei diritti di tutte le persone».
- La cooperazione da anni sta tentando di passare dall'approccio dei bisogni a quello dei diritti. Ma esistono strumenti per garantirne l'effettività?
«Il superamento dell'assistenzialismo che ha caratterizzato i primi anni della cooperazione internazionale e dell'azione delle Ong è un fatto assodato nelle teorie, ma ancora a volte praticato nella quotidianità delle azioni. Misurare l'efficacia degli aiuti, soprattutto in un tempo di risorse limitate, deve essere una prassi che accompagna costantemente l'agire del volontariato e delle Ong. Gli strumenti esistono, ciò che serve è accrescere la cultura della valutazione delle azioni realizzate».
- Lei parla alla fine del suo libro delle "multinazionali della solidarietà". Ai poveri del Sud del mondo è utile tutto o certe forme di cooperazione possono essere dannose?
«Entro i limiti della gratuità e della Carità, per usare una terminologia cara alla Dottrina sociale della Chiesa, le diverse forme di organizzazione di cui si è dotato il mondo delle Ong possono essere tutte utili. Ciò che conta è una trasparenza comunicativa che trasmetta la reale identità delle Organizzazioni e riporti all'etimologia delle parole per non vendere ciò che non si è e, tanto meno, ciò che non si fa».
- Se avesse davanti a lei i grandi della terra, cosa chiederebbe?
«Di agire pensando al mondo che consegneranno ai loro figli».
Famigliacristiana.it