24/05/2010
Il professor Francesco Beletti.
L'Associazione matrimonialisti italiani ha pubblicato di recente un'indagine secondo cui ogni anno, trend costante ormai da diversi anni, vi sono 160.000 nuovi separati e circa 100.000 divorziati a cui fa da contraltare un calo progressivo dei matrimoni: dai 400.000 degli anni '70 ai "soli" 240.000 del 2009.
Ne abbiamo parlato con il prof. Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari e direttore del Cisf, il Centro internazionale di studi per la famiglia.
- Professor Belletti, cosa ci dicono questi dati?
«Le tendenze in effetti sono queste. La tenuta della relazione di coppia è in lenta e costante erosione. Non ci sono cambiamenti drammatici ma è certamente un trend preoccupante. Si pone il problema dell'accompagnamento delle giovani coppie ma anche delle meno giovani per aiutarle ad attraverse le crisi coniugali».
- Quali soluzioni allora?
«A livello ecclesiale direi che è ora di un ripensamento sia sui corsi di preparazione al matrimonio sia sulla preparazione remota, quella che viene proposta quando si è adolescenti, un lavoro più centrato sui sentimenti e sugli affetti. Ma è giusto anche porsi domande sull'accompagnamento della coppia una volta che, sposata, comincia a vivere la propria vita "normale" in casa».
- Esistono già esperienze in questo senso?
«Si, esistono esperienze di cosiddetti "gruppi giovani coppie" legati a movimenti o a singole parrocchie che organizzano dei cammini specifici che fanno della condivisione la loro forza».
- E in caso di crisi della coppia?
«Occorre fare un grosso lavoro sulla mediazione familiare e sulla riconciliazione per cercare di superare la crisi. Direi che a livello sociale c'è oggi purtroppo una grande distrazione. Occorrono più mezzi per aiutare le coppie a restare insieme. I consultori stessi sono attestati sulla mediazione familiare, a valle cioè di una decisione di separazione già di fatto presa. La stessa funzione che dovrebbe svolgere il giudice in sede di separazione, cosa che di rado avviene perchè anche qui tardiva».
-Cosa fare dunque?
«Occorre cambiare cultura, una famiglia che tiene è un bene sociale e non solo una scelta privata. D'altronde il costo anche economico ma soprattutto umano delle separazioni sono enormi. Quindi intervenire con una logica di prevenzione e accompagnamento delle crisi senza violare la libertà di nessuno è una scelta importante anche dal punto di vista sociale. Altrimenti le coppie restano sole e quindi non libere».
- Un altro dato: circa 8000 persone nel 2009 hanno scelto una separazione simulata, figurando cioè solo ufficialmente separate, soprattutto per motivi fiscali, ma di fatto continuando a vivere insieme...
«E' un paradosso del nostro sistema fiscale, che rende più vantaggioso separarsi che restare uniti. La separazione infatti permette di "scaricare" gli alimenti che si danno al coniuge. Invece quelli che si usano per mantenere figli e moglie non sono detraibili e quindi di fatto sono tassati. Il messaggio sociale che si dà attraverso questa scelta di politica fiscale è quindi veramente paradossale: c'è più convenienza fiscale a separarsi. Questo è uno scandalo da denunciare a tutti i politici e a tutti gli operatori del diritto. Di fatto purtroppo non si intravvedono ancora ancora novità all'orizzonte».
- Ma separarsi non crea povertà?
«Certamente, i nuovi poveri sono quelli che si separano. Le donne si ritrovano con meno reddito e con i figli da allevare. Gli uomini pagano gli alimenti e spesso non hanno i soldi per sbarcare il lunario. Per questo stanno nascendo case di accoglienza per padri separati».
- Circa 6000 separati o separandi tornano a vivere in famiglia durante o dopo il processo di separazione per motivi economici, genitoriale o per solitudine...
«Sono il segnale della difficoltà ed eccessiva leggerezza con cui trattiamo queste scelte: il mondo considera le coppie completamente libere di lasciarsi. Invece questi fenomeni ci dicono che di fronte alla fatica e al conflitto si innestano meccanismi che andrebbero affrontati diversamente, aiutando le coppie ad attraversare positivamente la loro crisi e non lasciandole sole».
- E' da leggere in questa chiave anche il fatto che un quinto del totale dei coniugi italiani vivrebbe da "separato in casa" per motivi economici ma anche per "evitare lo scandalo"?
«Mi sembra una percentuale esagerata alla luce del fatto che una vita così è davvero dura. Questo dato mi dà l'idea che la scatola nera della relazione di coppia andrebbe illuminata e aiutata dall'esterno con l'ausilio di altre coppie, delle parrocchie, dei movimenti, dei professionisti: non vanno comunque lasciate sole. Infatti non sempre la coppia riesce a gestire da sola questo tipo di difficoltà. Questa è dunque la nuova emergenza sociale da cui lasciarsi interrogare: come aiutare la normale fatica di "fare coppia"».
Stefano Stimamiglio