01/06/2010
Non sarà possibile accedere all'adozione alle coppie di aspiranti genitori che, nelle procedure di richiesta, dichiareranno davanti al giudice di volere solo minori di determinate etnie. In questi casi il magistrato, non solo non dovrà convalidare i relativi decreti di adozione, ma dovranno mettere in discussione la capacità stessa della coppia razzista a candidarsi per l'adozione in generale.
Lo ha deciso la Cassazione nella sentenza 13332 riferita al caso di una coppia siciliana che voleva adottare solo bimbi di razza europea.
Con il deposito di questa decisione le Sezioni Unite della Cassazione hanno accolto il parere della Procura della Suprema Corte che aveva chiesto un intervento in questo senso. La Procura era stata sollecitata da un esposto dell'Aibi, l'Associazione amici dei bambini - che da anni lotta contro i decreti razzisti.
Molto interessante anche il fatto che la Cassazione insista sulla necessità che i servizi sociali diano formazione adeguata alle coppie che intraprendono le procedure di adozione internazionale per favorirne "una più profonda consapevolezza del carattere solidaristico, e non egoistico, della scelta dell'adozione e prevenire opzioni di impronta discriminatoria".
Di fronte al desiderio di esprimere preferenze, il sostegno psicologico può aiutare a superare le difficoltà di accogliere "un bimbo che non sia a propria immagine", o le paure di quanti dicono 'no' al bimbo 'diverso' "per il timore di fenomeni di xenofobia che espongano a rischio l'integrazione del minore nell'ambiente sociale e creino in lui problemi di adattamento"
L’Anfaa, l'Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie (via
Artisti 36 10124 Torino, tel. 011/8122327, segreteria@anfaa.it) , condivide
pienamente la sentenza dalla Suprema Corte secondo cui "il decreto di
idoneità all'adozione
pronunciato dal tribunale per i minorenni ai sensi dell'art. 30 della
legge
n. 184 del 1983 e successive modifiche non può essere emesso sulla base
dei
riferimenti alla etnia dei minori adottandi, né può contenere
indicazioni
relative a tale etnia”.
"L'adozione internazionale è nata in Italia con la legge n. 431/1967,
come
concreto riconoscimento dell'uguaglianza di tutti i bambini nel
fondamentale
diritto alla famiglia", commenta la presidente Donata Nova. "La famiglia
che adotta un bambino aiuta a superare il mito dell'indissolubilità
del legame di sangue. Chi diventa genitore di un bimbo di etnia e
nazionalità diversa può contribuire a superare in modo
ancora più concreto le barriere che tuttora separano gli uomini dando
una
testimonianza di solidarietà senza confini".
Questa testimonianza secondo chi da anni si batte per il diritto dei
bambini a una famiglia, è ancora più importante in questo momento, in
cui assistiamo a crescenti fenomeni di razzismo: "Le Convenzioni
internazionali di New York, e, più in particolare, quella de L'Aja del
1993 relativa alla tutela dei minori e alla cooperazione in
materia di adozione internazionale, hanno stabilito dei principi di
fondo
per la tutela dei diritti dei bambini che sono stati accolti dalle
legislazioni di molti Paesi, compresa l'Italia, che l'ha ratificata con
la
legge n. 476/1998".
Alla base della Convenzione de L'Aja c'è il convincimento che
l'adozione
internazionale deve essere realizzata nell'interesse preminente del
minore
in reale stato di adottabilità, non rimediabile nel suo Paese attraverso
l'inserimento in un'altra famiglia. "Per porsi però in modo corretto di
fonte all'adozione internazionale", continua la presidente dell'Anfaa,
"ricordiamo che occorre partire dal diritto del minore a una famiglia e
non considerare prioritarie, invece, le aspirazioni degli adulti.
Soltanto il reale e accertato stato di adottabilità del minore - che non
deve essere
confuso con la condizione di povertà - qualunque sia la sua nazionalità,
rappresenta il presupposto indispensabile per l'adozione.
Le condizioni
spesso drammatiche in cui vive il minore nel proprio Paese d'origine,
non possono far pensare che per questi bambini sia sufficiente una
famiglia qualsiasi, ma è compito delle Istituzioni individuare fra le
famiglie disponibili quella più idonea.
Quella dei genitori adottivi di un bambino straniero è una scelta "che
deve comportare quindi la piena accettazione di un bambino, qualunque
sia la sua origine, il suo colore, il
suo volto, nella convinzione profonda che tutti i bambini sono uguali e
hanno lo stesso diritto a essere amati. Fondamentali sono quindi un’
attenta preparazione e valutazione dell’idoneità degli aspiranti
genitori
adottivi, anche per escludere quelli che non presentano i necessari
requisiti per diventare genitori di bambini di etnie diverse".
È importante sottolineare, inoltre un ulteriore aspetto legato alle
adozioni che spesso si dimentica: "I bambini italiani e stranieri
adottati hanno sovente alle spalle storie di
violenze e maltrattamenti spesso inaudite, che lasciano cicatrici anche
profonde su di loro. I loro genitori non devono essere lasciati soli,
come
ancora troppe volte succede: devono essere supportati dalle Istituzioni
con
aiuti sociali ed economici adeguati"
Finora la Regione Piemonte è l’unica ad aver approvato delibere e
stanziato fondi mirati per supportare queste adozioni.
Renata Maderna