11/10/2012
Aborto: i ginecologi fanno registrare un alto numero di obiettori di coscienza (Foto Thinkstock).
«Il diritto all’obiezione di coscienza è un diritto che da noi ha fondamento costituzionale implicito, come ha più volte detto la Corte Costituzionale riferendosi agli articoli 2, 19 e 21 della Carta fondamentale». La bioeticista Maria Luisa Di Pietro risponde così a chi, in seguito alla recente pubblicazione della Relazione sulla legge 194 in materia di aborto, ha gridato allo scandalo riguardo alle alte percentuali di medici che, in materia di interruzione volontaria di gravidanza, esercitano il loro sacrosanto diritto all’obiezione di coscienza.
I dati parlano chiaro: il 69,3% dei ginecologi nel 2010 ha fatto obiezione (erano il 58,7% nel 2005) mentre gli anestesisti si attestano al 50,8% (erano il 45,7% nel 2005). Si registrano poi punte di adesione dell’85,2% in Basilicata, dell’83,9% in Campania, dell’85,7% in Molise, dell’80,6% in Sicilia e dell’81% a Bolzano. «È tipico del medico ed è richiesto dalla deontologia professionale di agire prima con coscienza e solo poi con scienza. Dire che quindi va sempre rispettato tale diritto in chiunque va da sé», rincara la studiosa, che è anche membro del Comitato Nazionale di bioetica, l’organismo che funge da “consulente” privilegiato per il Governo. Il riferimento alla coscienza del professionista è fondamentale: «Nessuno può imporre ad un altro di andare contro la propria coscienza. Il medico dovrebbe lavorare solo per la vita, mai per la morte. Lo stesso giuramento di Ippocrate, che ogni medico fa all’inizio della sua attività, vietava espressamente il ricorso all’aborto». E anche oggi, per inciso, nel testo si legge l’assunzione dell’obbligo da parte del medico di difendere la vita e l’impegno a non provocare deliberatamente la morte di una persona. «Il medico non solo ha il diritto di obiezione se quello che gli viene richiesto confligge con quanto la professione medica gli chiede, ma è anche chiamato a favore della promozione della vita», conferma Di Pietro. «Ci sarebbe dunque anche un dovere da parte sua di aiutare la donna a trovare le condizioni che la favoriscano a portare avanti la gravidanza, magari proprio attraverso quegli strumenti che offre la legge 194 e che sono spesso disattesi: dietro alla richiesta di una donna di abortire si nasconde il più delle volte il dramma della solitudine».
Nel luglio di quest’anno il Comitato nazionale di bioetica si è espresso sull’obiezione di coscienza confermando che esso «è un diritto costituzionalmente fondato» pur se «si devono prevedere misure adeguate a garantire l’erogazione dei servizi».
Stefano Stimamiglio