06/11/2012
(Thinkstock)
La parola che ricorre è: ansia. Dovuta alla crisi, certamente, ma anche alla convinzione che quel tunnel in fondo al quale dovrebbe vedersi una seppur fioca luce non finisce mai. Così, la crisi economica di questi anni sta facendo aumentare anche i problemi psicologici degli italiani. È quanto emerge da una ricerca sui dati dell’Osservatorio sul disagio emotivo di Telefono amico Italia.
Le certezze, le sicurezze psicologiche e l’emotività degli italiani sono scosse e messe a dura prova dall’andamento della situazione economica. Aumentano, infatti, le richieste d’aiuto espresse attraverso le chiamate al numero unico nazionale di Telefono amico. I contatti annuali nel 2011 sono stati 107.225, alla media di 21 richieste all’ora, 294 al giorno. Si tratta di numeri che sottolineano un aumento delle richieste del 6,7% rispetto al 2009 e dello 0,6% rispetto al 2010. Il 70% delle chiamate viene effettuato da uomini, mentre la maggioranza di chi chiede aiuto (il 41,2%) ha un lavoro.
I motivi per cui si chiama Telefono amico, secondo la ricerca realizzata dal laboratorio di statistica applicata alle decisioni economico-aziendali dell’università Cattolica di Milano, mostrano l’aumento significativo di episodi riconducibili a stati depressivi (dal 3,4 al 5,4%), oltre a quelli in cui non è identificabile uno specifico problema (dall’11,8 al 16,6%). Tra le donne crescono gli stati d’angoscia (+2,4%) mentre tra gli uomini affiora sempre più la sensazione d’inquietudine (+1,5%).
Curatore dell’analisi della ricerca è Alessandro Rosina, professore di Demografia e statistica sociale alla Cattolica. Gli chiediamo se, dunque, sia la parola “ansia” il fulcro di questa tendenza: «Sì, ansia, inquietudine e angoscia sono le parole che ricorrono. E sono i fattori che determinano la difficoltà a esprimersi inasprita nell’ultimo anno, per via di una crisi che pesa sempre di più».
Che cosa angoscia maggiormente gli italiani che ricorrono a Telefono amico?
«Soprattutto non si capisce quando la crisi potrà finire. Questo porta disagi personali, a una mancanza di equilibrio e di certezze che in passato erano espresse in modo chiaro».
Va in crisi anche il modello storico degli italiani prudenti formichine del loro futuro?
«Certo, non si sa più a chi affidarsi e le certezze si sgretolano in fretta. In questo contesto, la rete familiare, che nel nostro Paese è sempre stata molto forte, rischia di non reggere. L’idea della “famiglia-formica” non è solo leggibile in chiave economica, ma anche in chiave affettiva, di solidarietà. Tutto ciò è a rischio, anche perché manca un welfare per la famiglia che dia più sicurezza».
Cosa è cambiato nel modo di cercare aiuto attraverso Telefono amico, rispetto al passato?
«Prima si notava soprattutto un problema di solitudine. E, in ogni caso, i disagi erano comunicati chiaramente. Anche la rabbia era ben presente, emergeva e poteva essere un primo momento per cambiare in meglio. Adesso non c’è tranquillità e persino la rabbia fatica a venire a galla. Aumentano, al contrario, la confusione e, di conseguenza, l’angoscia. E il sintomo più grave è il senso di scoraggiamento e di rinuncia da parte di chi cerca aiuto».
Manuel Gandin