19/11/2011
Fra il 2002 e il 2010 in Italia il numero di ultracentenari è cresciuto del 165%, e se nel 2010 il 6,7% della popolazione aveva una qualche disabilità, si stima che nel 2020 i disabili saranno il 7,9% e, per guardare ancora più lontano, il 10,7% nel 2040. Questo è il futuro che ci attende secondo Carla Collicelli, vicedirettore generale del Censis, intervenuta al Forum sulla non autosufficienza a Bologna.
L’invecchiamento della popolazione ha come conseguenza, infatti, l’insorgere di malattie acute e croniche che portano a un aumento delle persone con disabilità. Questo non vuol assolutamente dire che invecchiare sia sinonimo di non autosufficienza, ma è semplicemente una questione di numeri, in quanto ovviamente aumentano anche gli autosufficienti. Spesso si tende a sottovalutare la disabilità e la malattia, e a non considerarli normale parte del corso della vita. La prospettiva di non auto sufficienza a un certo punto nell’arco della vita è senz’altro spiacevole, non corrispondendo magari ai modelli che ci vengono proposti, ma è un fenomeno realistico e nella “natura” delle cose.
La maggior parte delle persone (il 68%) quando incontra nell’altro la disabilità motoria presume che questa sia dovuta ad un qualche incidente, e non pensa di associarla ad un evento di patologia intrinseca alla vita umana. Una volta constata la non autosufficienza, però, la solidarietà è grande: l’ 82% delle persone esprime il desiderio di aiutare e questo senso di solidarietà spiega la persistenza del “welfare” familiare italiano. Un welfare “fatto in casa”, per necessità e/o virtù, dove il principale soccorso in caso di necessità viene dalla famiglia. A questo sistema si aggiunge la rete del volontariato e sicuramente, sempre insieme alla famiglia, la massiccia integrazione dell’aiuto da parte delle badanti: nel 2008 erano 2 milioni e 412 mila le famiglie che vi facevano ricorso.
«La famiglia è ancora molto affidabile», dice Carla Collicelli, «ma ci sono delle contraddizioni: la conciliazione fra casa e lavoro è ancora un mito, mentre per le istituzioni la famiglia rimane invisibile, soprattutto a livello fiscale. Questo modello di welfare potrà reggere anche in futuro, con una popolazione sempre più anziana?». L’attuale sistema, retto oltre che dalle famiglie anche da sistemi di protezione sociale, quali ad esempio l’assegno accompagnamento ed altri aiuti economici, sarà messo a dura prova. «L'Italia ha raggiunto negli anni un buon livello di protezione sociale, ma rimangono disparità territoriali e a seconda delle categorie. Il problema è come mantenere questa protezione e come assicurarla anche alle nuove generazioni».
Andrea Brandolini, economista del servizio studi della Banca d'Italia intervenuto al Forum, non esclude che in futuro si debbano fare delle scelte anche politiche: «Bisognerà scegliere fra due modelli: la categorialità, secondo cui i benefici vanno verso determinate categorie, oppure l'universalità, che invece distribuisce i benefici a tutti».
Ascolta qui i lavori del Forum sulla non autosufficienza, Bologna (9-10 novembre 2011).
Harma Keen