Scuola: troppi abbandoni in Europa

Un recente studio della Commissione Europea lancia l'allarme: 1 ragazzo su 7 lascia la scuola.

19/05/2011

Non siamo il fanalino di coda, ma di certo non possiamo vantarci di essere tra i migliori! Perché in Italia 1 studente su 5 abbandona prematuramente la scuola superiore, a fronte di un rapporto che scende a 1 su 7 se si tiene conto della media europea. Detto in altri termini, accanto a Spagna (31,2%), Malta (36,8%) e Portogallo (31,2%), l’Italia (19,2%) è uno tra i Paesi europei che presenta il maggior numero di giovani studenti che lasciano troppo presto la scuola.

Sul versante opposto stazionano Paesi in cui le percentuali si rivelano decisamente inferiori: è sufficiente ricordare i livelli raggiunti dalla Polonia (5,3%), dalla Repubblica Ceca (5,4%) e dalla Slovacchia (4,9%). Ma ciò non basta a stemperare l’esito finale. Infatti, sulla base di un rapporto curato dalla Commissione europea e reso pubblico il 19 aprile scorso, la situazione scolastica nel vecchio continente appare abbastanza preoccupante. Il dato positivo è che dal 2000 al 2009 il tasso di abbandoni è sceso nell’intera Unione europea dal 17,6% al 14,4%, e in Italia dal 25,1% al 19,2%.

Tuttavia, per attenersi agli obiettivi fissati dalla strategia Europa 2020, occorrerebbe portare, da qui ai prossimi dieci anni, il livello percentuale globale di abbandoni scolastici dall’attuale 14,4% all’auspicabile 10%.

Una sfida attuabile o un tentativo illusorio? Al momento non si può che prendere atto dei dati e cercare di indagarne le ragioni. «Quello dell’abbandono scolastico», spiega Emanuela Confalonieri, docente di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, «è un fenomeno complesso, originato da più cause. Possono giocare un ruolo non indifferente i fattori individuali, legati al ragazzo e alla sua storia di studente, i fattori familiari e i fattori socio-culturali. Decidere di frequentare la scuola secondaria di II grado, e in particolare i licei, rappresenta oramai una scelta quasi naturale se non “obbligata”. Ma tale mentalità non basta a supportare il percorso formativo, che è difficile, impegnativo e richiede tempo, motivazione e attenzione. Spesso davanti ai primi ostacoli si lascia perdere, si cambia scuola o indirizzo di studi e, nel giro di un paio di anni, si decide (in modo più passivo che attivo) di uscire o di non far nulla per non uscire dal circuito scolastico. Alle spalle della scelta non sempre si intraprende un vero percorso di orientamento: spesso a decidere sono ancora i genitori, o, se capita ai ragazzi, essi lo fanno tenendo conto di categorie poco attinenti alla scelta in questione».

Resta il dubbio, dunque, sulle modalità da attuare, da parte della scuola e dei genitori, per intervenire e arginare gli esiti dell’abbandono. «E’ possibile lavorare su più fronti» prosegue l’esperta, «dato che la scuola deve imparare a leggere un abbandono anche come un suo fallimento e quindi adoperarsi per cogliere quanto prima i segnali di difficoltà e cercare di ri-orientare, se necessario, o di sostenere i ragazzi perché continuino a far parte dell’istituto. I genitori, invece, devono esserci non tanto nello studio quanto nel capire come sta il figlio, se, nonostante eventuali difficoltà, quella è la scuola che vuole fare, trovando il giusto equilibrio fra un eccesso di aiuto e un eccesso di lassismo. I ragazzi devono capire che se da una parte è vero che non si sceglie la scuola per la vita, dall’altra parte non si può nemmeno pensare che se non è questa sarà un’altra».

Obiettivi certamente condivisibili che necessitano di una traduzione operativa e concreta, così come precisa, in conclusione, la professoressa Confalonieri: «risulta di fondamentale importanza, più che agire subito, capire qual è la problematica: carenza di preparazione? Orientamento sbagliato? Scarso impegno e motivazione? Reali difficoltà di apprendimento? Ognuno di questi aspetti va trattato diversamente, cercando di mettere al centro lo studente, rendendolo attivo e consapevole sia delle sue difficoltà sia di quello che si può fare con e per lui: ripetizioni, corsi sul metodo di studio, integrazioni a scuola, valutazioni cognitive. Gli interventi possibili sono molto e specifici. Ma la prima cosa da chiarire non è come correre ai ripari, ma cercare di capire come professori, genitori e studenti dove si situa il problema».

Simone Bruno
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