13/10/2011
Don Antonio Mazzi
Ho letto con interesse, e spero di capirne un po’ di più, dell’esperienza pistoiese di un primo centro di terapia ricreativa per bambini. Il mio interesse e la mia meraviglia riguardano proprio l’argomento. Quando eravamo poveri, nullatenenti e contadini, erano i nostri bambini a portare allegria dentro casa. Le case di allora, con terra battuta al posto delle mattonelle firmate, illuminate dal fuoco del camino e addobbate da una tavola grande (perché eravamo tanti) non avevano la radio ed erano i nostri bambini a cantare, urlare, ballare, giocare. Adesso, se ho capito bene, nemmeno i nostri figli sanno più giocare, godere e devono andare a scuola di felicità.
Ma ci pensate in che società siamo finiti? I bambini non ridono, non si trastullano, non si sporcano (guai!), non possono farsi male. Sono bambini imbalsamati, inchiodati sui giochi informatici, con le mani piene del telefonino. Mandiamoli in Toscana, perdinci! E là, pittori, scultori, psicologi si daranno da fare per farli ridere. L’hanno chiamata la “fabbrica della felicità”. E se, invece di autori quotati, adoperassimo le quattro anatrelle che sguazzano nella piscinetta del giardino, o il pony della casa vicina, o la fisarmonica a bocca di nonno Adelino, o le favole di Antonietta la cieca? Quando in un Paese non giocano e non ridono più nemmeno i bambini, non è meglio mettere in terapia i grandi, i genitori, gli psicologi, i sociologi, i politici, gli insegnanti della scuola? Voi direte che arrivano in Toscana i casi limite. Il Dynamo Camp di Pistoia è riservato ai casi patologici.
E se vi dicessi che sono i casi non patologici che mi preoccupano di più? Quando una mamma è tirata di nervi già la mattina perché deve andare a lavorare e nel frattempo deve portare in orario a scuola il figlio; quando un padre spara più parolacce che parole a cena o durante il week-end e non lo si vede mai sorridere, cosa può accadere a un figlio? Guai parlare di patologia alla media borghesia. Si tratterà di nervosismo. Somministrate qualche tranquillante. Solo i poveri hanno patologie. Io, invece, vi dico che in queste nostre città siamo tutti borghesi, frustrati, inebetiti e patologici. Perciò abbiamo i figli che ci meritiamo. Mandiamo pure a Pistoia i casi gravi. Ma non dimentichiamo che i casi veramente irrecuperabili non andranno mai in un paesino del Pistoiese, dove tutti chiacchierano di tutto. Dato che gli irrecuperabili li fabbrichiamo noi, per le terapie di felicità li porteremo in America, in Svizzera, in Canada. Nessuno deve sapere! Lasciatemi fare una battuta. È di Pascal: «Più conosco gli uomini, più amo il mio cane!».
Don Antonio Mazzi