20/09/2011
Che le scuole italiane vestano quotidianamente abiti malconci non è una novità. Leggere tuttavia nero su bianco i numeri che descrivono i buchi ai calzoni toppa dopo toppa fa sempre un certo effetto. Questa mattina Cittadinanzattiva, nell'ambito della campagna Impararesicuri, ha presentato a Roma il IX Rapporto “Sicurezza, qualità e comfort degli edifici scolastici”: passate in rassegna 88 scuole di 13 Province, dislocate in 12 regioni dello Stivale, dal Piemonte alla Sicilia, attraverso Lombardia, Marche, Umbria, Lazio, Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sardegna.
I primi strappi emergono in ingressi e corridoi: nel 24% delle pareti e nel 16 % dei soffitti si rilevano distacchi d'intonaco, come nel 17% delle segreterie, nel 15% delle sale docenti, nel 13% dei bagni e nel 18% delle aule. Altri segni di fatiscenza corredano il 33% dei bagni, il 25% delle sale docenti, il 21% delle segreterie, il 30% delle aule. Ci sono poi disconnessioni di diversa entità nei pavimenti delle aule del 21,5% delle scuole, il 23% delle aule non ha finestre integre in tutto o in parte, il 56% delle finestre non possiede tendaggi o tapparelle, in alcune classi monitorate il 46% delle scuole possiede banchi danneggiati, solo il 10% degli edifici scolastici possiede arredi a norma. Inoltre, 31 scuole su 88 monitorate (pari al 35%) non dispone di una palestra. Presenti invece le barriere architettoniche: ostacoli all'accesso si presentano nei cortili (17%), nelle palestre (15%), nell'ingresso (13%).
Anche l'igiene lascia a desiderare. Precisa il Rapporto: «Nel dicembre 2009 il MIUR ha emanato una Circolare (n. 9537 del 14 dicembre 2009) che ha provocato, anche quest’anno, oltre all’aggravamento dei problemi di funzionalità organizzativa anche problemi di riduzione del 25% delle spese per il personale addetto alle pulizie delle scuole ma anche per i prodotti». Bagni al top della classifica della sporcizia: qui non si trova carta igienica (nel 32%), manca il sapone (nel 42%), niente asciugamani (nel 63%).
Ma le scuole saranno almeno strutturalmente sicure? Niente affatto, a sentire Cittadinanzattiva. In 17 scuole sono state rilevate lesioni strutturali. «Meno di 1 scuola su 2 di quelle monitorate possiede la certificazione di agibilità statica (41%). A rendere più grave la situazione il fatto che il 42% delle scuole del campione si trovano in zona sismica e che la situazione relativa allo stato della manutenzione lasci piuttosto a desiderare. Infatti, i Responsabili del Servizio Prevenzione e Protezione dichiarano in cattive condizioni lo stato di manutenzione delle proprie scuole nel 45% dei casi, e troppo lento o assente l’intervento da parte dell’ente proprietario». Che nel 6% dei casi è un privato. Il dato si conferma anche a livello nazionale, ma con differenze notevoli per area geografica: il Sud e le isole hanno il 10% di scuole ospitate da privati, in ex abitazioni, in affitto. Primato alla Sicilia con il 20%.
E non ci si fa mancare niente, amianto compreso. «Secondo un dossier riservato del Ministero dell’Istruzione sarebbero circa 2.400 le scuole nelle quali si registrerebbe ancora la presenza di amianto», precisa il rapporto e prosegue: «Il dato è spiegabile per il fatto che il 44% delle scuole siano state costruite tra il 1961 ed il 1980 anni in cui si faceva massiccio utilizzo dell’amianto per isolamenti termici ed acustici ed anche perché erano gli anni di un rilevante incremento demografico che imponeva che si costruissero tante scuole e in fretta».
In calce al Rapporto, le richieste per rammendare con cura. Tra queste, rendere subito nota l'Anagrafe dell’edilizia scolastica: «Senza una completa e aggiornata mappatura dello stato degli edifici scolastici italiani, è impossibile passare dall’emergenza ad una vera programmazione degli interventi». Con una soluzione tra tutte: metter mano al portafoglio: «È urgente definire l’effettiva entità dei finanziamenti necessari per l’edilizia scolastica ed occorre dare organicità e stabilità nel tempo ai finanziamenti stessi attraverso un piano quinquennale basato, anzitutto ma non esclusivamente, sui fondi ordinari». Senza dimenticare che non è proprio completamente vuoto: «Innazitutto vanno utilizzati i finanziamenti già disponibili: circa 420 milioni di euro dei Fondi FAS, circa 220 milioni di euro dei Fondi strutturali Europei». Alcuni dei quali, se non impegnati, potrebbero andare perduti.
Maria Gallelli