17/02/2012
Don Virginio Colmegna.
Solo i ricchi possono curarsi? Se la domanda non è mai passata di attualità oggi, e ancor più domani, essa può assumere addirittura toni drammatici pensando ai continui tagli della sanità in conseguenza della crisi e a una macchina sanitaria sempre più burocratizzata e sempre meno a misura di cittadini. Ieri sera a Milano, presso la sede delle suore di Maria Bambina in via Santa Sofia, ha avuto luogo un dibattito dell’Associazione Medici cattolici per confrontarsi a viso aperto sul tema. Ospiti don Virginio Colmegna, Presidente della Fondazione Casa della Carità, e il professor Federico Lega, professore associato di economia aziendale all’Università Bocconi.
Alberto Scanni, che ha coordinato l’incontro, ha accennato ai problemi strutturali della sanità italiana: fondo sanitario esiguo, spesa sanitaria che sposta il suo equilibrio sempre più verso il privato, sofferenza delle regioni e, come conseguenza nel territorio milanese, l’indicazione che le Asl lombarde hanno ricevuto per quest’anno di risparmiare l’1,5% di costi del personale e il 3% sulle altre spese. Risultato: con i poveri in aumento, le fasce medie della popolazione sempre meno abbienti, l’attesa per i prossimi anni di 15 milioni di nuovi poveri, a cui si aggiungono poveri da mondi lontani, la situazione rischia di esplodere.
Don Virginio Colmegna, dopo aver denunciato che dal suo osservatorio vede aumentare molto il disagio psichico della popolazione più esposta, ha dal canto suo richiamato a non chiudersi in una visione solamente economica del problema, ma di concentrarsi anche su quella etica e culturale per valorizzare «la dimensione “biografica” di ogni malato, che non è un “numero” ma una biografia soggettiva che gli dà la titolarità di diritti e di responsabilità». Insomma «il criterio economico della povertà non basta ad affrontare il problema perché la cura è principalmente una questione etica, è un entrare in relazione con il malato, reinserirlo con le cure nella società, è ogni atteggiamento di attenzione alle persone che deve portarle a tornare protagoniste, autonome per evitare il circolo vizioso dell’assistenzialismo». In definitiva, per il sacerdote protagonista di un appoggio politicamente rumoroso e “scomodo” ai Rom sgomberati del Triboniano di Milano nel 2010, «il problema non è primariamente quello di “come aiutarli” ma quello di “ridare loro dignità”, di ricostruirli come persone, base culturale imprescindibile per farci capire che il divario tra poveri e ricchi non è solo di tipo sociale ma anche etico-antropologico e culturale». Naturalmente, parlando a una platea di credenti, la categoria dello “spirituale” non è esclusa. Anzi: «occorre far sì che la condizione di vita disagiata di queste persone ci metta in moto con una nuova tensione verso la carità, carità che, come diceva il cardinal Martini, eccede la giustizia e ci porta dentro le situazioni dove umanamente non c’è più alcuna possibilità». Infine è necessario rieducarci e rieducare al «limite, al dolore, all’equilibrio, alla sobrietà, occorre saper dire che si è felici anche nella povertà, come ricordava in un documento il Magistero: “dai poveri troverete il gusto di vivere”».
Il professor Lega si è attenuto a una prospettiva necessariamente più tecnica. «In Italia possono curarsi bene solo i ricchi, gli altri si curano ma non bene», ha esordito lo studioso, che però, a scanso di inutili vittimismi, ha anche ricordato che «l’emergenza sanitaria, cioè il pronto soccorso, in Italia è sempre coperta e per questo siamo fra i primi 5 al mondo». «Il tema vero è la capacità di accesso ai servizi e di farne un uso corretto rispetto ai loro bisogni», ha poi precisato ricordando che «ci sono persone irregolari o regolari ma povere che non riescono a usare in modo adeguato il sistema sanitario». Occorre dunque un’istruzione adeguata per accedere ai servizi sociali e sanitari. Altre situazioni problematiche riguardano gli anziani che, una volta perduta l’autonomia, non hanno chi li aiuti a districarsi negli ingranaggi della macchina sanitaria, e le lunghe liste di attesa, che si superano solo attraverso le raccomandazioni, una carenza di offerta di servizi in termini quantitativi. Secondo Lega, poi, occorrerebbe stilare un bilancio del sistema sanitario nazionale, esattamente vent’anni dopo l’aziendalizzazione della sanità, non per archiviarlo necessariamente ma per migliorarlo a partire dalla scelta del management, non sempre all’altezza, e al controllo interno del rapporto cura/paziente, non sempre il più consono tenendo conto di criteri di ottimizzazione delle risorse. Un altro esempio di malfunzionamento riguarda quello dell’equità nell’accesso alla prestazione: tutti, ricchi e poveri, pagano ad esempio lo stesso prezzo il ticket per le cure sanitarie o sono alla pari esentate: «perché non studiare un prezziario a seconda del reddito?», si è chiesto il bocconiano. Un altro tema toccato, che può diventare un’opportunità, è quello delle cure “low cost”: «stanno arrivando a Milano alcuni tipi di servizi fatti da imprenditori sociali, che potrebbero coprire un buco importante nel nostro paese per migliorare l’accesso a cure rapide». A questo proposito, se non registra il favore della sanità pubblica, che rischia di essere percepita dal pubblico come inefficiente qualora aumentassero questi operatori, «ormai questo tipo di sanità, come del resto il turismo sanitario, è ormai una realtà in crescita». Un altro tema riguarda le badanti, un milione circa ad oggi: «le badanti sono in realtà degli operatori socio-sanitari. Quando avremo coraggio di dare loro una dignità formandole e rendendole lavoratrici professionali come tutti gli altri operatori sanitari?».
Stefano Stimamiglio