29/12/2011
Il ministro dell'Istruzione Francesco Profumo
Scuole pubbliche con insegnanti sempre più attempati. Il quadro 2011 della situazione al di là della cattedra tratteggiato dalla Fondazione Agnelli nel Rapporto sulla scuola in Italia 2011 parla chiaro: età media dei docenti di ruolo nelle scuole elementari 49,3 anni, che sale a 51,8 alle scuole superiori e tocca i 52,1 alle medie. Inoltre, nessuna certezza di ritrovare lo stesso professore per due anni di seguito: non resta nella stessa scuola il 22% dei docenti delle elementari, il 30% dei prof delle superiori e il 35% di quelli delle medie. Una giostra, spesso precaria.
Ma cosa attende i ragazzi tra i banchi nel 2012? I dati Miur segnano un trend negativo: calo del precariato (con il 14,9% nel 2010-2011 contro il 17,9% del 2006-2007) ma ciò soprattutto a causa della diminuzione complessiva dei professori (circa 57mila in meno nel triennio 2008-2011). Sul fronte età si è espresso il neo ministro Francesco Profumo: «Voglio riaprire la scuola ai docenti giovani ed evitare di bloccare una generazione di neolaureati che oggi non ha alcuna possibilità di ottenere una cattedra».
E ha annunciato un prossimo concorso, che mancava dal 1999: ogni anno 12500 posti verranno coperti attingendo dalle graduatorie ad esaurimento (elenco di 240 mila docenti abilitati in tempo per l'inserimento in lista), altri 12500 attraverso il concorso per gli abilitati più giovani arrivati più tardi o che si abiliteranno seguendo il nuovo "Tirocinio formativo attivo" di prossima partenza, varato con decreto d'uscita dal ministro Gelmini. In tutto si stimano circa 300 mila aspiranti concorrenti. Per non più di 20-25 mila posti all'anno.
Cosa dice l'Associazione genitori scuole cattoliche
«Il bilancio dell'anno appena trascorso è positivo in termini di lavoro all'interno della scuola, tra le scuole e all'interno del sistema nazionale di istruzione». Maria Grazia Colombo, presidente nazionale Agesc (Associazione genitori scuole cattoliche), carattere ottimista, si esprime a tinte chiare nonostante il generale periodo fosco. «Questo è un momento precario non solo dal punto di vista economico, ma anche relazionale e morale: la parola educazione è all'ordine del giorno e come genitori siamo chiamati ad andare a fondo e a offrire proposte credibili ai nostri ragazzi. La scuola è il luogo nel quale ci si incontra, luogo di integrazione e collaborazione». E di sinergia tra pubblico e privato: «Siamo in stretta collaborazione con le altre associazioni dei genitori delle scuole statali per un lavoro il più possibile unitario».
Prospettive future? «Questo è il terzo ministro che vedo e con cui lavoro: noi siamo avvantaggiati perché partiamo da una posizione educativa che è trasversale, abbiamo il polso della situazione, un occhio clinico sui ragazzi». Nodi da sciogliere in futuro? «Dare maggior autonomia al sistema scolastico statale, dove rischia di prevalere la burocrazia sulla creatività didattica, mortificando i docenti». E poi: spazio alla valutazione, effettiva autonomia di tutti i presidi anche nel reclutamento (come avviene nelle scuole paritarie) e più giovani abilitati.
Una scuola da riorganizzare
Nel 2012 la scuola italiana sarà investita da una profonda riorganizzazione: i genitori avranno nuovi punti di riferimento in segreteria, con buona probabilità un nuovo dirigente scolastico a cui rivolgersi. Tutto nel segno del risparmio. Il contenuto è in poche righe, tre commi dell’articolo 19 della legge del 15 luglio 2011 n. 111 “Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria": tutte le istituzioni scolastiche del 1° ciclo dovranno essere accorpate in istituti comprensivi; i nuovi e i vecchi istituti comprensivi dovranno avere almeno 1.000 alunni; le micro-istituzioni scolastiche con meno di 500 alunni non potranno avere un dirigente titolare e un direttore amministrativo (il numero è fissato a 300 per le scuole situate in comuni montani, piccole isole e territori caratterizzati da specificità linguisica), ma saranno affidate in reggenza a un altro dirigente.
Una contrazione di organico di circa 3.180 posti per i presidi (-30%), di circa 1.130 posti per i direttori amministrativi (-11%), di circa 1.100 posti per gli assistenti amministrativi, con una riduzione nella spesa per la rete scolastica quantificabile complessivamente in circa 200 milioni di euro all’anno (fonte: Tuttoscuola). A ciò si è aggiunta la legge di stabilità 183 del 12 novembre scorso, che ha ritoccato al rialzo il numero di alunni utile a garantire un preside di ruolo: 600 alunni invece di 500, 400 invece di 300 (per le realtà d montagna, etc..). Aumentano così le scuole interessate dal processo di accorpamento: 3.138, rispetto alle 1.812 previste con i precedenti parametri. Contrazione di posti, dunque. Che fine sarà destinata, allora, ai 2.386 nuovi dirigenti vincitori del concorso a preside attualmente in corso, che si dovrebbe concludere proprio l'anno prossimo?
Maria Gallelli