Italiani, voglia di un nuovo welfare

Un'indagine del Censis fa emergere le strategie che si adottano nel nostro Paese di fronte al crollo della qualità del welfare. A farne le spese anche i giovani che cercano lavoro.

06/01/2013
Foto Thinkstock
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Gli italiani chiedono un nuovo sistema di welfare: è quanto emerge dalla seconda indagine «Le nuove tutele oltre la crisi. Il welfare possibile per giovani, migranti e non autosufficienti» realizzata dal Censis per il Forum Ania-Consumatori. In sintesi, secondo il campione degli intervistati, il sistema attuale funziona sempre meno. Per il 63% dei cittadini è, infatti, inadeguato, l’86% reclama una copertura per i nuovi bisogni, il 54% chiede di tagliare le spese inutili e, soprattutto, per l’86% è necessario far pagare i servizi in relazione al reddito delle persone che li utilizzano. Nel dettaglio, il 63,6% degli italiani pensa che nel futuro l’ampiezza della copertura pubblica avrà una contrazione.

Per tutelarsi dal rischio di eventi imprevisti, l’83,9% cercherà di risparmiare, l’80,4% di assumere comportamenti molto cauti, ad esempio, l’adozione di uno stile di vita salutare, il 76% confida nella capacità di adattamento della famiglia, altri invece ritengono opportuno l’utilizzo di strumenti specifici come le polizze danni (32,3%), le polizze vita o i fondi pensione (30,4%). Quali sono, secondo l’indagine, i rimedi proposti? Il 54% dei cittadini ritiene necessario razionalizzare il welfare pubblico, selezionando i servizi e gli interventi necessari alla popolazione e tagliando il resto. Per l’86% è necessario, invece, far pagare il welfare in relazione al reddito delle persone che lo utilizzano. In primo piano, rimangono comunque i bisogni specifici di alcune categorie sociali, ad esempio i migranti, e gli anziani non autosufficienti.


Secondo le stime del Censis, ammontano attualmente a 2,2 milioni, ben il 3,9% del totale della popolazione italiana. Il modello di assistenza familiare rimane il più diffuso nel nostro paese, tanto che i familiari stretti rappresentano i “caregiver” nel 73,5% dei casi. Ma questa situazione non è assolutamente idonea: il 43,8% chiede di potenziare l’assistenza domiciliare, il 34,1% soluzioni di sostegno economico diretto alle famiglie. Solamente il 15,2%, infatti, ritiene sufficienti gli attuali servizi pubblici per far fronte al bisogno


Un’altra criticità è rappresentata dagli oltre 6,9 milioni (il 52,9%) di giovani di 18-34 anni che vivono ancora con almeno un genitore, mentre i giovani che non lavorano, non studiano né cercano lavoro sono addirittura 3,2 milioni (il 23,9% dei giovani con età compresa tra 15 e 34 anni). Il 60% degli italiani pensa che sia ingiusto pagare meno o dare meno tutele ai giovani che entrano per la prima volta nel mercato del lavoro. Tuttavia, quasi il 92% ritiene che per i giovani sia opportuno accontentarsi del primo lavoro che capita, anche se a basso reddito o non adeguato al titolo di studio, pur di entrare in gioco.

Quest’ultimi (oltre il 37%) denunciano la precarietà del lavoro, il 29,2% la perdita dell’occupazione e il 33,6% la disoccupazione di lunga durata. Infine, i migranti. Richiedono più asili nido e scuola rispetto alle famiglie tradizionali (richiesti dal 44,8% contro il 30,3% degli italiani, che si concentrano sui servizi socio-sanitari). Sono ottimisti sulle loro possibilità di integrazione, visto che quasi il 79% pensa che nel mondo del lavoro i più bravi non rimarranno confinati in lavori umili e a basso reddito, mentre il 53,2% ritiene che i più abili emergeranno nell’imprenditoria.

Resta, tuttavia, un sentimento di competizione: il 48% degli italiani pensa che i migranti prendano più di quello che danno al sistema di welfare, mentre solo il 16% ritiene che questa popolazione dia più di quel che riceva in cambio.

Alessandra Turchetti
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