08/02/2011
Giuliano Razzoli
L'Italia parte per i Mondiali di sci alpino, oggi il SuperG donne, e non è un avvio in discesa. Se il rendimento della stagione conta, se non si parte proprio in salita almeno in piano: tocca racchettare, metaforicamente.
Le statistiche dicono che gli azzurri hanno al momento in Coppa del mondo un rendimento medio di squadra che oscilla tra il terzo e il quarto posto. Non malaccio, ma neanche bene, perché la continuità ne vede parecchi nei primi dieci soprattutto in slalom speciale e velocità, ma pochini sul podio. E ai Mondiali, si sa, contano solo le medaglie. Per ora in Coppa per gli azzurri sono state soprattutto di legno.
Chi si aspettava da Razzoli, campione olimpico a Vancouver, una stagione alla Tomba ha fatto i conti con la delusione di qualche inforcata di troppo, anche all'ultima porta una volta e qui bisognerebbe chiamare in causa se non la nuvola la curva di Fantozzi. Ma capita anche ai migliori.
E allora? Mondiali all'asciutto? Non è detto perche quelle che il gergo della neve chiama gare "secche" (che poi vuol dire zero calcoli e sparare tutto in un mattino, perché là i piazzamenti non danno punti e solo il podio conta) sono perfette per le sorprese. Non sempre vince il favorito (Rocca a Torino docuit, purtroppo, ma anche Paoletta Magoni a Sarajevo, per fortuna), vince il più freddo, forse il più spensierato, magari il più cattivo o il più vuoto dentro. Capita che il predestinato si confonda e l'outsider voli.
Inutile nascondersi: è su questo che dobbiamo contare, non che si tratti di ribaltoni clamorosi, solo qualche centesimo che si rovescia. Chissà che dopo tanti quarti posti il risarcimento non arrivi quando conta davvero.
Gli ultimi giorni hanno mostrato una Federica Brignone in ripresa in gigante e un Dominik Paris capace di far capolino tra i grandi nella velocità. Non sarebbe male se fossero i giovani spensierati a trascinarsi dietro gli altri, a spazzar via ai presunti esperti la neve dal cuore con l'esempio della leggerezza.
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Elisa Chiari