17/06/2010
Fabio De Santis durante la traduzione in Tribunale.
Caro Lettore di Famigliacristiana.it,
Negli ultimi giorni i più grandi
giornali italiani sono intervenuti sullo stesso tema: l’inutile
umiliazione inflitta a Fabio De Santis, ex provveditore alle opere
pubbliche della Toscana, coinvolto negli scandali sugli appalti del G8
dell’Aquila, condotto dal carcere al Tribunale ammanettato, e con le
manette bene in vista. Si tratta di un imputato in attesa di giudizio, accusato di
reati finanziari e non di sangue. Un imputato che, secondo il
nostro ordinamento giuridico, e a dispetto di qualunque indizio e
qualunque accusa, è al momento innocente e potrebbe sempre essere
assolto. Bene hanno fatto, dunque, gli illustri colleghi a muovere la
penna contro questa mancanza di umanità. Eppure…
Eppure sugli stessi giornali avrei voluto trovare anche altro. Per esempio quanto segue.
- I funzionari del carcere di Sollicciano
(Firenze) e gli agenti di sicurezza hanno spiegato che per le
“traduzioni multiple” (cioè quando occorre portare in Tribunale più di
un detenuto alla volta) le manette sono obbligatorie, da
regolamento. Si poteva organizzare una traduzione singola,
speciale per De Santis? Forse sì, se il carcere avesse avuto gli uomini e
i mezzi che non ha. D’altra parte c’è la crisi, no? O c’è la crisi per i
pensionati e gli operai di Pomigliano ma non per De Santis?
- Nessuno dei commenti su De Santis ha ricordato i 31 suicidi (con 46 tentati suicidi) che si sono
avuti nelle carceri italiane dall’inizio dell’anno. Casi comunque più penosi e inquietanti di
quello, pur penoso e inquietante, di De Santis. Tanto più che nelle carceri italiane dal 2000 a oggi ci sono stati 1.688 morti e
589 suicidi.
- Nel 2001 Amnesty International condannò l’Italia per l’eccessivo
affollamento delle carceri. Sono passati quasi dieci anni ed ecco come
siamo messi: l’indice di affollamento è 157% (i
detenuti, cioè, sono più di una volta e mezzo i posti letto),
rispetto ad una media Ue del 96%. L’Italia è in coda anche ai 47
Stati del Consiglio d’Europa, compresi Cipro, Serbia e Russia. “Tra il
2007 e il 2008″, ha denunciato l’Associazione Antigone, “si è registrato un tasso di
crescita della popolazione carceraria del 22,5%, mentre nello stesso
periodo Paesi come il Portogallo hanno ridotto il numero di detenuti
con l’introduzione di pene e misure alternative alla depenalizzazione
di alcuni reati”.
- Siamo un Paese di criminali? No, visto anche che tutte le
statistiche dimostrano che il crimine da noi è in calo da anni (meno
20% le rapine in banca nel 2009, per esempio). Però siamo un Paese che forse ha perso la bussola, visto che il 42% dei detenuti è in carcere in
attesa di processo (come, appunto, De Santis). Un Paese dove ci
sono 3.500 detenuti imputati o condannati per contravvenzione. Un Paese
dove, con questi criteri, si spendono 157 euro al giorno per detenuto,
pari a 3,8 miliardi di euro l’anno.
Ecco, se in tutti quei commenti avessi letto qualcosa di tutto questo, oggi penserei che ad animarli era davvero lo sdegno per il trattamento inflitto a Fabio De Santis. Ma non l'ho letto. E quindi non riesco a a nascondere il sospetto che dietro a
tanta umanità giornalistica si nasconda il riflesso che ci spinge a
proteggere quello che sentiamo “dei nostri”, l’imputato che prima della
disgrazia avremmo volentieri incontrato a cena, l’ex funzionario
importante che in ogni caso dispone di avvocati influenti e amici
potenti. Mentre degli altri allegramente ce ne infischiamo.
Fulvio Scaglione