22/05/2012
I corpi di Pio La Torre e del suo collaboratore Rosario Di Salvo nella Fiat 131 in cui sono stati uccisi a Palermo il 30 aprile 1982. ANSA
Dieci anni prima di Falcone e Borsellino, il 30 aprile del 1982, la mafia aveva colpito, a Palermo, l’anima delle leggi contro la criminalità organizzata. Pio La Torre – e il suo autista Rosario Di Salvo – fu ucciso per ordine di Totò Riina proprio per fermare la sua azione di contrasto alla mafia molto ben mirata. Fu lui, infatti, il promotore della legge, poi approvata dopo la sua morte (la 646/82), che sancisce in modo definitivo il carattere illecito dell’associazione mafiosa e che introduce l’articolo 416-bis del Codice penale che tratta proprio dell’associazione di stampo mafioso che comprende anche il concorso esterno.
Non solo. Pio La Torre aveva capito che, per combattere la mafia, occorre aggredirla nei suoi interessi principali, cioè quelli economici. Da qui, dunque, l’idea della confisca dei patrimoni e dell’assegnazione a enti e associazioni anti mafia. La
legge Rognoni-La Torre fu poi difesa e rafforzata nel 1996 grazie anche alla raccolta di oltre un milione di firme promossa da Libera.
Grazie all’art. 416 bis e alla raccolta delle dichiarazioni dei primi collaboratori di giustizia, il pool di magistrati di Palermo potè istruire il primo maxi processo contro la mafia che si concluse il 16 dicembre 1987 con la condanna di 360 dei 475 imputati. In totale furono comminati 19 ergastoli e 2.665 anni di carcere.
Annachiara Valle