09/09/2011
Le Torri gemelle in fiamme dopo lo schianto degli aerei.
L’11 settembre 2001 è una data da non
dimenticare. Quel giorno ha cambiato
la storia. Allora seguimmo sconvolti
in diretta gli atroci atti terroristici
contro gli Stati Uniti, mentre 2.997 americani
venivano uccisi.
Per molti, quegli eventi furono
la conferma di una lettura della storia.
L’aveva proposta, nel 1996, lo studioso americano
Samuel Huntington, convinto che fosse
finito il tempo delle utopie di pace. Era l’ora
del clash of civilizations: scontro tra blocchi di
civiltà e religioni. Più grave tra tutti era l’antagonismo
tra islam e Occidente cristiano. Bisognava
trarne le conseguenze e condurre una
guerra al terrorismo. Cresceva l’allarme per la
presenza musulmana in Europa, mentre si ripeteva
che lo scontro era il nostro futuro.
La gente che fugge.
C’è chi non ha creduto a questa lettura,
non per cedevolezza al terrorismo, ma per
una comprensione più profonda – credo –
della storia.
Dà voce a questo sentire un’iniziativa
particolare a Monaco di Baviera per ricordare
l’11 settembre. Si apre, proprio l’11
settembre 2011, a dieci anni dagli attentati,
con la partecipazione di numerosi leader cristiani,
ebrei, musulmani, budhisti e induisti,
riuniti nello spirito di Assisi. Vi partecipano il presidente tedesco e la cancelliera Merkel.
L’hanno organizzata la Comunità di Sant’Egidio
e la diocesi di Monaco. È un meeting di
dialogo e preghiera per la pace. Dopo l’11 settembre
il dialogo tra le religioni (specie
l’islam) è stato accusato di ingenuità. Bin Laden
l’ha irriso con un messaggio farneticante:
«Loro vogliono il dialogo, noi la morte».
I soccorsi ai feriti
Lo “spirito di Assisi” viene da una grande
intuizione di Giovanni Paolo II, che convocò
le religioni nella città di san Francesco nel
1986 per pregare per la pace. Mai si era visto
qualcosa di simile. Era una strada da continuare.
Così ha fatto la Comunità di Sant’Egidio,
radunando anno dopo anno i diversi leader
religiosi in differenti città del mondo. Ricordo,
ad esempio, l’incontro del 1989 in
una Varsavia trepidante, mentre il regime comunista
era in bilico.
Giovanni Paolo II con i leader di tutte le religioni all'incontro per la pace che si svolse ad Assisi nel 1986.
La fine del comunismo nell’Est europeo è
stata, in un certo senso, l’affermazione dello
spirito non violento di Assisi: «Non abbiamo
pregato invano ad Assisi», disse Giovanni
Paolo II.
Quel cammino, con la cadenza annuale
degli incontri, ha liberato energie di
pace, sostenuto percorsi di riconciliazione, favorito
amicizia e conoscenza tra mondi religiosi
e umani lontani, se non ostili. Insomma
ha avvicinato i credenti. Dopo l’11 settembre,
Giovanni Paolo II volle riaffermare lo
spirito di Assisi: convocò di nuovo nel gennaio
2002 i leader religiosi nella città di
san Francesco per dire no al terrorismo e
pregare per la pace.
Il decennio trascorso dall’11 settembre
2001 è stato caratterizzato dalla ripresa dello
spirito bellicistico, che ha rivalutato la guerra
come strumento per risolvere i conflitti,
dare sicurezza, affermare il diritto. Non era
la via indicata da Giovanni Paolo II.
Il bilancio dei conflitti (tra Afghanistan,
Irak e Pakistan) è pesante: 137 mila civili
morti, quasi 8 milioni di rifugiati, 6 mila soldati
statunitensi uccisi, secondo una valutazione
americana. Pochi problemi sono stati
risolti. Anzi il mondo di oggi è caratterizzato
dalla diffusione della violenza: al terrorismo
e alle guerre ancora aperte si unisce una violenza
diffusa, spesso opera di mafie o internazionali
del crimine.
Gli americani raccolti in preghiera per le vittime.
Bisogna riproporre nuovamente e con serietà
il problema della pace sui grandi scenari
internazionali e su quelli più piccoli di tante
città e regioni, veramente degradate.
I muri non difendono: “Destinati a vivere insieme”
è il tema del meeting di Monaco di Baviera.
Sì, il mondo di domani sarà sempre più
caratterizzato dalla convivenza di gente di etnie
e religioni diverse. Siamo destinati a vivere
insieme e allora dobbiamo trovare le vie per
farlo. Il dialogo non è prima di tutto qualcosa
di accademico, ma l’arte di vivere insieme.
Le religioni hanno un compito decisivo:
dissociare la violenza dal nome di Dio, ma
soprattutto fondare la pace come compito
religioso nell’esercizio quotidiano del dialogo.
Giovanni Paolo II nel 1986 ad Assisi disse:
«Forse mai come ora nella storia dell’umanità
è divenuto a tutti evidente il legame intrinseco
tra un atteggiamento autenticamente
religioso e il grande bene della pace». È
un’affermazione ancora più attuale oggi che
nel 1986. La logica del conflitto, prevalente
negli ultimi dieci anni, ha fallito. È l’ora di
una svolta. La costruzione della pace è più
realista delle “promesse” di quelli che credono
nella guerra.
C’è un grande lavoro da fare:
conquistare culture, uomini e donne, ambienti
religiosi, all’amore per la pace.
Per questo c’è bisogno di “pacificatori”:
donne e uomini di diverse religioni che cerchino
realisticamente le vie della pace, educhino
alla pace, comunichino uno spirito di
pace. L’incontro di Monaco, dopo dieci anni
difficili e nel cuore di una crisi economica,
vuole rappresentare un segno di speranza.
Andrea Riccardi