18/06/2012
Il Presidente francese François Hollande durante la visita a una scuola elementare a Dieudonne, vicino a Parigi (Reuters).
Adesso che i socialisti francesi hanno in mano tutte le leve del
potere, la domanda è una sola: quale uso ne faranno? Il presidente
François Hollande, partito per il Messico dove assisterà alla riunione
del G20, si sforzerà di smussare gli angoli per trovare un modus
vivendi con la cancelliera tedesca Angela Merkel, oppure si ostinerà a
chiedere di rinegoziare il “fiscal compact”, o patto di stabilità di
bilancio stipulato fra 25 dei 27 paesi dell’Ue? Continuerà a domandare
meno rigore e più crescita, oppure si rassegnerà a rinunciare almeno in
parte alle promesse che aveva fatto ai francesi durante la campagna
elettorale e dunque a mettere in cantiere un piano di austerità?
Il ballottaggio di domenica 17 giugno (Reuters).
Sono tutte domande alle quali si dovrebbero avere risposte in tempi
brevi, ora che la vittoria della sinistra nelle elezioni politiche ha
dato al presidente Hollande una libertà di manovra e d’azione
praticamente senza limiti. All’indomani del turno di ballottaggio di
domenica 17 giugno, i socialisti hanno da soli la maggioranza assoluta
all’Assemblea Nazionale (Camera dei deputati), con 314 seggi su 577 (la
maggioranza è 289). In parole povere, per governare i socialisti non
avranno bisogno del sostegno del “Front de gauche”, l’estrema sinistra
di Jean-Luc Mélenchon, eventualità che avrebbe costretto il
neopresidente Hollande a spostare sensibilmente a sinistra la sua
politica.
Non solo: non necessiteranno neanche dell’appoggio dei
deputati dei Verdi, che pure sono già rappresentati nel governo
nominato da Hollande dopo la sua elezione a presidente, e guidato da
Jean-Marc Ayrault. Dopo la proclamazione dei risultati delle elezioni
politiche Ayrault ha rassegnato le dimissioni ma è subito stato
riconfermato nell’incarico. Per misurare l’estensione del potere di cui dispongono ora i
socialisti, basti sapere che essi controllano, oltre alla presidenza
della Repubblica, anche la maggioranza assoluta al Senato, 21 regioni
sulle 22 in cui è suddivisa la Francia, la maggioranza delle province
(départements), e i comuni di quasi tutte le grandi città (Parigi,
Lilla, Lione, Nantes, ecc...). Restano a destra (ma fino a quando?)
solo Marsiglia, Nizza e Bordeaux.
La "marea rosa" socialista che ha sostenuto François Hollande nelle recenti elezioni presidenziali in Francia (Ansa).
Con la sconfitta di Nicolas Sarkozy e la “marea rosa” delle elezioni
politiche, la destra francese ha perso tutto o quasi. Si ritrova con
212 seggi (invece di 320) alla Camera, e l’unica consolazione è che la
sinistra non dispone della maggioranza dei due terzi necessaria per
votare eventuali modifiche alla Costituzione. Oltretutto, per la prima
volta dal 1988, entra in Parlamento con due deputati l’estrema destra.
La leader del Fronte Nazionale, Marine Le Pen, ha mancato per un pugno
di voti l’elezione a Hénin-Beaumont, nel Nord della Francia. Sono stati
invece eletti, nel sud della Francia (area dove il Fronte Nazionale è
tradizionalmente più forte), l’avvocato Gilbert Collard e soprattutto
Marion Maréchal-Le Pen, che ha appena 23 anni. Figlia di Yann (la
sorella di Marine) Marion è la nipotina del “patriarca” Jean-Marie Le
Pen.
Ségolène Royal, ex candidata socialista alle presidenziali del 2007, sconfitta da Sarkozy, ed ex compagna di François Hollande (Reuters).
Chi ha subito un durissimo colpo, dal quale faticherà a rimettersi,
è stata Ségolène Royal, ex candidata socialista alle presidenziali del
2007 (era stata sconfitta da Sarkozy), ed ex compagna di François
Hollande (insieme hanno avuto 4 figli). La Royal , che si era candidata
alle politiche nella città atlantica di La Rochelle, è stata sconfitta
da un “dissidente”, Olivier Falorni da anni amico di Hollande, che si
era dimesso da Ps per protestare contro il fatto che la direzione del
partito aveva deciso di “paracadutare” come candidata la Royal.
Falorni
l’ha spuntata, con l’aiuto è vero degli elettori di destra, e anche e
soprattutto con l’aiuto dell’attuale compagna del presidente Hollande,
Valérie Trierweiler, che aveva trasmesso un “tweet” per appoggiare
l’amico Falorni, nonostante il fatto che sia Hollande, sia i vertici
del partito si fossero schierati con la Royal. La “pugnalata” della
rivale ha dato il colpo di grazia a Ségolène Royal che aspirava a
diventare presidente dell’Assemblea Nazionale.
Il cattolico François Bayrou (Reuters).
Fra i “trombati eccellenti” delle elezioni politiche c’è anche
François Bayrou, leader centrista cattolico, che aveva ottenuto il 9%
dei voti nel primo turno delle presidenziali, poi nel ballottaggio si
era pronunciato per François Hollande. Nonostante la sua “svolta a
sinistra”, Bayrou ha perso il seggio di deputato che occupava da due
decenni nella sua regione natale dei Pirenei. Il centro è praticamente
scomparso dalla scena politica francese: il partito di Bayrou è
riuscito a salvare solo due seggi in Parlamento.
Il ministro francese dell’Economia Pierre Moscovici (Ansa).
Ora le la fase elettorale si è conclusa, la domanda che tutti si
pongono, come si è detto, è la seguente: quale uso farà Hollande dei
poteri quasi illimitati che i francesi gli hanno concesso? Grazie ai
successi elettorali, la sua posizione è senza dubbio la più forte fra
quelle degli altri leader europei. Libero dai condizionamenti e dalle
pressioni dell’estrema sinistra e dei Verdi, dovrebbe spostare la
bilancia in favore dei socialisti più moderati (più
“socialdemocratici”) come il primo ministro Jean-Marc Ayrault, il
ministro dell’Economia Pierre Moscovici e quello degli Interni Manuel
Valls.
E dovrebbe essere più facile controllare i “sinistrorsi” come la
segretaria del Ps Martine Aubry (che del resto non è entrata nel
governo) o come Arnaud Montebourg, noto per le sue prese di posizione
anti-globalizzazione, al quale è stata affidata, come ministro
dell’Industria, la missione impossibile di rilanciare la competitività
delle imprese francesi. L’intestazione, davvero ridicola, del suo
dicastero è: “ministero del risorgimento produttivo”.
François Hollande durante una visita come neo-presidente (Ansa).
Le prime iniziative di Hollande sono state il ripristino parziale
della pensione a 60 anni invece di 62 per chi ha cominciato a lavorare
a 18, 19 anni e la decisione di limitare a 450 mila euro l’anno (20
volte lo stipendio minimo) i salari di una trentina di presidenti e
amministratori delegati delle società di cui lo Stato è l’azionista
principale. Il neo presidente si è anche impegnato in un braccio di
ferro con la cancelliera tedesca Angela Merkel a proposito del dilemma
crescita/rigore.
Il Presidente della Repubblica francese François Hollande e il Presidente del Consiglio Mario Monti (Reuters).
È in preparazione un progetto di bilancio per il 2013 che rischia
di far soffrire non solo i ricchi e i più abbienti, ma anche i ceti
medi e probabilmente quelli medio-bassi. Si profilano pesantissimi
aumenti delle imposte, tanto che numerosi economisti hanno cominciato
ad ammonire che la Francia rischia di trasformarsi in una
“fiscocrazia”. Ma Hollande non ha scelta se vuole riportare il deficit
francese sotto il 3% del Pil (come previsto dai criteri di Maastricht).
La commissione di Bruxelles ritiene che non ce la farà, e prevede un
deficit del 4,2% nel 2013.
Hollande ha dichiarato che, prima di
prendere decisioni definitive, occorre attendere il rapporto della
Corte dei conti (atteso per i primi di luglio) sullo stato reale delle
finanze francesi. Ma in privato, il presidente socialista ha cominciato
a sussurrare che la situazione è peggiore del previsto, e che bisognerà
decretare misure dolorosissime per risanare le finanze pubbliche. Se
cosi’ sarà, la Francia offrirà il cuurioso spettacolo di un presidente
che sulla scena europea stigmatizza il rigore e l’austerità, ma che in
casa si accinge a varare una sua versione di questi medesimi rigore e
austerità. Tanto che qualcuno comincia a domandarsi: valeva davvero la
pena cambiare presidente?
Paolo Romani