25/10/2011
Un momento dell'assalto al blindato dei carabinieri in piazza San Giovanni a Roma, durante la manifestazione degli "indignati" il 15 ottobre 2011.
Ho seguito in diretta televisiva la manifestazione di sabato 15 ottobre ed ho letto e ascoltato i commenti nei giorni successivi. Ho assistito da vicino, in qualche caso anche molto da vicino, ai fatti dell’Italia e del mondo negli ultimi sessanta anni. Gli avvenimenti si ripetono; quelli passati li ricordo bene, quelli attuali li sto osservando, e da osservatore di ieri e di oggi mi permetto di esprimere il mio pensiero.
Sono preoccupato. Per ciò che è avvenuto alla manifestazione, per i provvedimenti che si vogliono adottare per evitare il ripetersi di fatti simili, perché non vengono concretamente assunte, e addirittura nemmeno indicate, le misure da attuare con immediatezza per venire incontro alle richieste dei giovani, malgrado queste siano da tutti ritenute giuste.
Le mie preoccupazioni circa i sentimenti di insoddisfazione che, in varia maniera, sono presenti oggi nella nostra società, e su ciò che sarebbe potuto accadere (e che purtroppo è cominciato ad accadere), le ho già espresse sul blog di Famiglia Cristiana ma ora, che vedo la situazione peggiorare, ritengo opportuno ribadirle.
Caschi e volti coperti durante la manifestazione che si è svolta a Roma.
Alle manifestazioni, alle quali i cittadini civilmente e pacificamente hanno il diritto di aderire, partecipano varie anime: quelle delle famiglie in difficoltà, quelle di chi ha perso o sta perdendo il proprio posto di lavoro, quelle dei giovani insoddisfatti ed inquieti per il loro futuro. Purtroppo però ci sono anche altre anime, e speriamo che siano poche, che partecipano perché vogliono distruggere, destabilizzare, sovvertire; vogliono praticamente la lotta armata ed è inutile fare giri di parole nel tentativo di ”ovattare il concetto”.
Le forze dell’ordine che fronteggiano i cortei e che, ci tengo a sottolineare, sono state applaudite dalla popolazione, malgrado i ringraziamenti ed i riconoscimenti ufficiali vengono di fatto umiliate: lavorano nell’insufficienza di un adeguato sostegno logistico e amministrativo, subiscono la riduzione di compensi e straordinari, rimangono senza un aiuto concreto in caso di deprecabili incidenti e, in definitiva, sono carenti di un appropriato supporto morale.
Le forze dell’ordine che possono essere impiegate sono poche. Da fonti giornalistiche apprendo che, ad esempio, i poliziotti negli ultimi due anni sono passati da 107.000 a 96.000, ben 11.000 in meno, e decrementi similari sono avvenuti anche per Carabinieri e Finanzieri, forse perché non è più previsto il servizio militare obbligatorio da cui pure si attingeva. E’quindi necessario e prioritario recuperare personale ovunque sia possibile. Mi riferisco, in particolare, a quello impiegato per scorte (in Italia ci sono oltre 600 scortati) e servizi di vigilanza, le cui unità assommano a molte migliaia. Allineiamoci almeno ai criteri dei maggiori Paesi europei.
Il corteso dei giovani "indignati" nelle strade della capitale.
Ma per fronteggiare i facinorosi non è sufficiente la “forza”, la quale anzi auspichiamo rimanga l’ultima “ratio”; è necessaria una intensa attività di prevenzione che consenta di evitare che costoro raggiungano la piazza, bisogna individuarli prima e bloccarli nelle loro abitazioni, e per far ciò è fondamentale rafforzare l’attività di “intelligence”.
Ho sentito qualcuno parlare di leggi speciali, francamente penso che i su citati provvedimenti possano essere considerati del tutto normali nell’ambito di attività volte al mantenimento dell’ordine pubblico.
Il problema dei violenti, black bloc e quant’altro, non deve tuttavia farci perdere di vista il problema più importante che dobbiamo affrontare con assoluta urgenza: il disagio dei nostri giovani. I soldi non ci sono è vero, ma devono e possono essere trovati. E’ ormai imprescindibile l’adozione di provvedimenti seri, mirati e duraturi che consentano di acquisire disponibilità economica per rilanciare il lavoro e abbassare il livello del debito pubblico.
Come ho già più volte argomentato la condizione che abbiamo raggiunto è così critica che non ci sono più spazi di scelta tra interventi di “destra” o interventi di “sinistra”; non possiamo più permetterci di seguire logiche elettoralistiche, lobbistiche o protezionistiche. Abbiamo dinanzi solo una via, quella della ragionevolezza e tutti sappiamo, anche chi vuole fare il sordo, che la ragionevolezza viaggia lungo la stessa via dell’equità.
Il perseguimento dell’equità è l’unica maniera per risanare lo Stato e nel contempo placare gli animi. Mentre la nostra classe politica, nel timore di perdere voti, cerca di “inventarsi qualcosa” elaborando articolate soluzioni, anche le più inique come gli ennesimi condoni, i giovano sono allo sbando e ciò che rischiamo di perdere è molto di più di qualche voto, ci stiamo giocando il futuro del Paese.
L'incontro dei sindaci piemontesi organizzato dall'Anci a Torino per discutere sui tagli agli enti locali.
Cercherò di sintetizzare gli interventi che ritengo più urgenti:
1) una riforma che consenta di dedurre dalla denuncia dei redditi tutte le spese sostenute: dall’ idraulico, all’elettricista, al ristorante e, praticamente, ogni altra spesa documentabile; e questo va fatto anche se ciò comporterà il dissenso di professionisti, commercianti e lavoratori autonomi;
2) un taglio deciso alla spesa politica, la nota forse più dolente, perché coinvolge tutto l’apparato statale, comprese Regioni ed Enti locali che riescono a sprecare anche di più dello Stato centrale. Si è molto detto sui compensi dei politici, ma è anche necessario porre un tetto agli stipendi degli alti burocrati i quali, a dispetto dei comuni mortali, hanno tanti di quegli incarichi che se davvero li svolgessero tutti pienamente non sarebbero sufficienti le ore della giornata. Lo stipendio deve essere omnicomprensivo, chiaro e trasparente ed a tutti noto (d’altronde lo paghiamo noi), senza “giochi di prestigio” tra varie ed incomprensibili voci “accessorie”. Niente “spoil sistem” che incatena la burocrazia alla politica. Niente premi di obiettivo. Tutto compreso insomma in un unico e solo stipendio, e che sia “congruo” rispetto a quello degli impiegati dei livelli inferiori. E se per questo dovessimo perdere la nostra mirabile classe dirigente e sia, ce ne faremo una ragione e… “largo ai giovani”.
Il Governo a Montecitorio durante l'ultimo voto di fiducia.
3) Porre dei limiti ai vergognosi stipendi ed alle liquidazioni dei vertici delle banche. E’ incredibile come costoro giustifichino lauti premi e dividendi perché, dicono, di essere stati “bravi” ad incrementare i bilanci, e però oggi, che così “bravi” non sembrano essere, reclamano soldi pubblici per salvarsi.
4) Effettuare una ristrutturazione degli organi statali e periferici operando una razionalizzazione delle competenze e la progressiva riduzione degli organici fino ad arrivare al 20%.
5) Eliminare tutti gli Enti, Consorzi ecc. a livello centrale, regionale, provinciale e comunale, azzerando poltrone e consigli d’amministrazione e trasferendo il personale dipendente ove è più necessario. Ciò comporterebbe uno snellimento della burocrazia, con ovvi vantaggi per il cittadino.
6) Prevedere una non invadente patrimoniale; molti storcono il naso anche solo sentendone parlare e perciò preferiscono mascherarla sotto termini più soft. Intendiamoci, non la vorrebbe nessuno, ma se si deve scegliere, ed oggi siamo costretti a scegliere, è preferibile tassare i patrimoni piuttosto che il lavoro.
Facendo tutto questo, e presto, i soldi li troveremo sia per ridurre il debito pubblico, sia per investire sul futuro dei giovani nonché per il rilancio delle imprese. E se poi servono altri sacrifici li faremo, ma non credo che sarà necessario. In ogni caso chiedetelo poi.
Roberto Jucci