09/09/2011
La prigione di Guantanamo.
Le circolari della Casa Bianca,
nell’anniversario dell’11 settembre,
dicono ai funzionari statunitensi
che quella tragedia fu di tutto il
mondo. La solidarietà arrivò in effetti
immediata e vastissima, ma l’onda di
simpatia venne indebolita dalle bugie
della guerra in Irak. E dagli abusi di Abu
Graib e di Guantanamo.
I veri amici sanno essere vicini nell’ora
difficile ma anche dire le verità sgradevoli. Così quella
tragedia ci ha coinvolti davvero tutti. A ricordarci la
sorte comune stanno perfino le restrizioni e i controlli
sperimentati ogni giorno dai viaggiatori che passano
l’oceano. Il terrorismo resta una minaccia ovunque e una
spaventosa realtà in molti Paesi. Vogliamo vincerlo con la
vigilanza e sconfiggendo le ideologie che lo sorreggono.
Esse negano il valore della vita e la dignità della persona.
Mandano uomini, donne e bambini a uccidere
e a farsi uccidere.
L’argomento di fondo
è che sia lecito, di
fronte a una situazione
che appare, a chi se ne ritiene
vittima, invincibile
altrimenti, ricorrere a qualunque
mezzo. Così fecero i terroristi in Italia i cui confusi
comunicati enunciavano la guerra al regime capitalista:
tuttavia siamo riusciti ad affrontarli e a vincerli con l’uso
della legge e dei processi, che provocò altri delitti contro
avvocati e giudici. Ma l’aver tenuto fermo che la legge non
ammette mai la violazione della persona pur nel momento
dello sgomento e della tentazione di scorciatoie ha dato
alla vittoria una forza diversa.
Le detenzioni arbitrarie, la mancanza di contestazioni
precise di accusa, di colloqui con i difensori, veri difensori
indipendenti, finiscono invece per legittimare la tortura
e gli abusi più tristi. Difficile rimediare, come dimostrano
i tentativi di Obama. Ammessa una volta l’eccezione ai
princìpi, certo tremendamente faticosi nelle ore estreme,
si perde qualche cosa dell’anima, si finisce per somigliare
in qualche modo al nemico da sconfiggere.