Omicidio De Mauro, si riparte da zero

Franco Nicastro, cronista e memoria storica delle vicende di mafia, parla delle nuove indagini sull'omicidio di Mauro de Mauro, il giornalista rapito e ucciso nel 1970.

23/06/2011
Franco Nicastro, presidente dell'Ordine dei giornalisti della Sicilia.
Franco Nicastro, presidente dell'Ordine dei giornalisti della Sicilia.

A distanza di 41 anni, il caso De Mauro rimane un delitto senza colpevoli, un giallo senza mandanti e senza esecutori, un mistero collegato ad altri misteri. Le indagini ripartono da zero sulla scomparsa di Mauro de Mauro, il coraggioso giornalista del quotidiano l’Ora di Palermo, rapito e ucciso nel 1970.

L’unico imputato del processo - il boss Totò Riina - è stato assolto, nelle scorse settimane, dalla Corte di Assise di Palermo, perché non vi erano prove certe sulle sue responsabilità. Tuttavia, i giudici della Corte di Assise hanno chiesto alla Procura della Repubblica di Palermo di far luce sui depistaggi istituzionali nell’intera vicenda. L’assoluzione di Riina, inoltre, non cancella la validità delle due principali piste seguite dai magistrati: il caso Mattei e il Golpe Borghese. Secondo la prima tesi, De Mauro sarebbe stato ucciso per la ricerca della verità sul sabotaggio dell’aereo nel quale viaggiava il presidente dell’Eni, Enrico Mattei, morto nel 1962. In base alla seconda pista, invece, Mauro De Mauro avrebbe scoperto le trame del Golpe Borghese, il tentativo di colpo di Stato ideato dal principe fascista Junio Valerio Borghese nel 1970.

Sul caso De Mauro abbiamo intervistato Franco Nicastro, consigliere nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, memoria storica delle vicende di mafia e cronista di punta del quotidiano L’Ora (di cui divenne vicedirettore, prima della chiusura del giornale).

Mauro De Mauro, giornalista del quotidiano "L'Ora", nel 1960.
Mauro De Mauro, giornalista del quotidiano "L'Ora", nel 1960.


Chi era Mauro De Mauro, dal punto di vista umano e professionale?


«Come giornalista sembrava la controfigura dei reporter del cinema americano, avvolti da una nuvola di fumo e con la bottiglia di whisky nel cassetto. Sempre sulla notizia, capace di leggere non solo i fatti ma anche le loro relazioni e i contesti, curioso, abile, brillante. Aveva poi una straordinaria capacità di scrittura: riusciva a dettare a braccio un articolo lungo e complesso, punteggiatura compresa. Insomma, un uomo carico di fascino e un giornalista del suo tempo come non se ne incontrano più».

1944: Junio Valerio Borghese, l'ideatore del mancato golpe in Italia del 1970, durante la seconda guerra mondiale quando era comandante della "X Mas".
1944: Junio Valerio Borghese, l'ideatore del mancato golpe in Italia del 1970, durante la seconda guerra mondiale quando era comandante della "X Mas".


Quale pista considera più attendibile? Caso Mattei, Golpe Borghese o traffico internazionale di droga?


«Escludiamo subito la droga: era una pista totalmente inventata per depistare le indagini, come il processo ha dimostrato; un’operazione che mirava a oscurare le verità scomode e inquietanti sulla scomparsa del giornalista. Le altre due piste sembrano correre su binari diversi ma in molti punti si incrociano, si sovrappongono e si integrano. Certo, il golpe Borghese prospetta in modo suggestivo la convergenza di progetti eversivi in cui si ritrovavano gruppi neofascisti, servizi segreti, mafia, poteri occulti. Ma il processo non è riuscito, a mio giudizio, a collegare in modo convincente la figura di De Mauro al golpe Borghese».

L'ex presidente dell'Eni Enrico Mattei, morto nel 1962, davanti al suo aereo con il vecchio simbolo dell'Agip.
L'ex presidente dell'Eni Enrico Mattei, morto nel 1962, davanti al suo aereo con il vecchio simbolo dell'Agip.


Che cosa pensa, invece, del collegamento con la morte del presidente dell’Eni?

«La pista Mattei è quella che, sin dal primo momento, è apparsa più convincente. Se non altro per l’ostinazione con cui De Mauro negli ultimi giorni stava ricostruendo, per il film di Francesco Rosi, la trama del complotto che culminò con la morte del presidente dell’Eni. Aveva fatto scoperte clamorose? Era questa la storia che, come confidava a colleghi e amici, poteva fare “tremare l’Italia”? L’accusa si è sforzata di ricomporre un movente complesso. E ha colto i collegamenti tra le due piste puntando sulla centralità del ruolo organizzativo della mafia. Sforzo generoso ma difficile a distanza di oltre 40 anni dalla scomparsa».

Giovanni Spampinato, un altro cronista coraggioso ucciso nel 1972.
Giovanni Spampinato, un altro cronista coraggioso ucciso nel 1972.


Nell’epoca del caso De Mauro, per il quotidiano L’Ora vi occupavate di eversione nera e trame neofasciste in Sicilia. Era un tema sul quale era particolarmente impegnato un altro cronista coraggioso, Giovanni Spampinato, poi ucciso nel 1972. Cosa si è scoperto?

«La Sicilia in quegli anni era il punto di confluenza delle trame eversive di personaggi e di gruppi neofascisti che avevano anche collegamenti internazionali. Le università erano teatro di scontri violenti e di assalti che preparavano il terreno a una deriva terroristica. Pierluigi Concutelli, condannato per l’omicidio del giudice Vittorio Occorsio, e Francesco Mangiameli, poi assassinato dai suoi stessi amici, erano nomi che incutevano paura. Nella Sicilia occidentale erano stati individuati perfino campi paramilitari. Spampinato era, tra Ragusa e Siracusa, sulle tracce di Stefano Delle Chiaie e di altri personaggi che alimentavano trame oscure e misteriose. Con le sue inchieste, L’Ora proponeva un modello militante di controinformazione, come allora si chiamava».


Può parlarci del grande depistaggio sul caso De Mauro pianificato nella Villa Boscogrande di Palermo?

«La notizia aveva una fonte certa: Boris Giuliano allora capo della sezione omicidi della squadra mobile. Le indagini battevano soprattutto la pista Mattei e stava toccando personaggi potenti, ambienti influenti, settori dell’economia. L’inchiesta sulla scomparsa di De Mauro si stava inoltrando su un terreno proibito. Bisognava fermare tutto. L’ordine fu portato da uomini dei servizi segreti e comunicato in una riunione a Villa Boscogrande. Il magistrato che si occupava del caso De Mauro, Ugo Saito, si ritrovò solo. La folla di investigatori che faceva la fila davanti al suo ufficio a palazzo di giustizia da un giorno all’altro si eclissò. Sul suo tavolo non arrivò più alcuna carta. Per anni, gli archivi della polizia e dei servizi segreti sono rimasti sigillati. E dopo 40 anni sono stati trovati vuoti. In aula sono arrivate solo le tracce di indagini parallele che miravano non a svelare ma a oscurare la verità».

Il boss corleonese di Cosa Nostra Totò Riina.
Il boss corleonese di Cosa Nostra Totò Riina.


Che cosa pensa infine dell’assoluzione di Totò Riina e del processo conclusosi dopo 41 anni?

«Era nell’ordine delle cose. Se per tanto tempo si ostacola il corso della giustizia e si occultano o si manipolano le prove, diventa perfino difficile condannare Totò Riina. La Corte ha dovuto prendere atto che sul caso De Mauro si è giocata una partita sporca. Forse per proteggere imbarazzanti, e gravi, segreti di Stato».

Pietro Scaglione
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Postato da folgore il 24/06/2011 12:55

Voi parlate di difficoltà dopo 40 anni, io parlo di impossibilità.

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