I mostri del Liga

Intervista con Ligabue: superata la boa dei 50 anni, il cantautore di Correggio torna con un album di inediti. Per raccontare il suo passato, le sue ossessioni, sogni e speranze.

13/05/2010

«Ognuno di noi ha i propri mostri, i propri fantasmi: li possiamo chiamare ossessioni, paure, condizionamenti, senso di inadeguatezza e chissà in quali altri modi ancora. Sappiamo però che sono vivi...». Con questa premessa, scritta di suo pugno, Luciano Ligabue presenta Arrivederci mostro, un album di inediti che esce dopo diversi anni durante i quali ha pubblicato cover di sue canzoni con l’aggiunta, molto “parsimoniosa”, di qualche novità.

    Lo incontro a Correggio, nel sancta sanctorum dove nascono le sue canzoni.

Luciano, sembra che tu ti voglia, in qualche modo, liberare di momenti difficili della tua vita, o esorcizzarli...
«Sì, ma mi rendo anche conto che non si tratta di un saluto definitivo, bensì di un arrivederci. Il passato resta dentro di te».

    Il 13 marzo ha compiuto 50 anni: è parso che abbia voluto, consciamente o meno, raccontarsi, compiere un viaggio nel passato alla ricerca di quel che è stato. Prima di affermarsi ha fatto mille mestieri: la sua famiglia non nuotava nell’oro, la mamma era una contadina, il padre ha fatto il commesso in un negozio di tessuti, è stato gestore di una balera di liscio, s’è occupato di un deposito di pellicce. Appena si annoiava, cambiava, e Luciano ha fatto altrettanto, il metalmeccanico, il bracciante agricolo, il commerciante, il promoter, il deejay, il consigliere comunale, ed è anche diplomato in ragioneria.

Però sei arrivato dove volevi e oggi sei uno degli artisti più amati. Eppure, hai cominciato solo vent’anni fa...
«Ho debuttato a trent’anni, un’età insolita per chi fa il mio mestiere, e ora mi sono chiesto: che faccio a sessant’anni, canto ancora Ballando sul mondo? Poi ho pensato ai Rolling Stones, che a settant’anni se la cavano ancora bene».

Le tue canzoni si ascoltano e si cantano subito. Che cosa provi?
«Sono contento, significa che sono facilmente riconoscibili. Non sono canzoni che stanno cambiando la musica. Sono semplicemente la voce di uno che vuol dire delle cose. Il mio mestiere è comunicare e lo faccio grazie al rock, che considero un’espressione popolare senza velleità di essere arte».

    L'intervista completa al cantautore Ligabue la trovate sul numero di Famiglia Cristiana in edicola.

Gigi Vesigna
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