La pensione? Dipende da te

Incontro con Antonio Mastrapasqua, presidente dell'Inps. L’Istituto è in attivo, grazie ai risultati di una gestione manageriale. "È in atto una rivoluzione, ma non tutti lo sanno".

11/05/2010
Antonio Mastrapasqua, presidente dell'Inps.
Antonio Mastrapasqua, presidente dell'Inps.

Siede sulla poltrona di via Ciro il Grande all’Eur dal luglio 2008. Ricopre una cinquantina di incarichi, compreso quello di presidente e commissario straordinario dell’Inps, ma per Antonio Mastrapasqua, classe 1959, maratoneta per passione, correre da un consiglio di amministrazione a un incontro al ministero e di nuovo all’Eur non sembra essere un problema. Nel Rapporto annuale dell’Inps, appena presentato, vanta risultati più che positivi, addirittura un attivo di 6 miliardi e tanti altri numeri sorridenti che fanno ben sperare per il futuro delle nostre pensioni.

Che cosa si prova a governare un colosso da 545 miliardi di euro con milioni di pensionati sulle spalle e con i conti che nel futuro potrebbero non tenere?
«Si prova, innanzitutto, un senso di grande responsabilità, perché l’Inps è un istituto unico nel suo genere, non esiste nulla di simile nel mondo. Siamo al servizio di tutto il Paese, ma la pensione arriva alla fine, prima ci sono tante prestazioni sociali. Dalla disoccupazione alla tutela della maternità eroghiamo 10 miliardi di euro all’anno. E grazie alla ristrutturazione dell’Istituto i conti migliorano».

Lei è molto impegnato, ho letto che ricopre 54 incarichi, dove trova il tempo per fare tutto? «Quel numero risale a qualche anno fa...».

E allora nel frattempo gli incarichi saranno cresciuti...
«Sicuramente. Scherzo. Purtroppo, ho dovuto lasciare qualche impegno, perché l’Istituto richiede molto tempo. Si vede se uno lavora. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Posso dire che l’Inps ha realizzato il più ampio processo di “efficientamento” di tutta la pubblica amministrazione, ma non devo essere io a dirlo».

Lo dica, non si preoccupi. Piuttosto, che dicono i suoi dirigenti che sono stati ridotti di numero?
«Nella pubblica amministrazione non c’è la libertà di licenziamento per i dirigenti. Si ragiona con la legge in mano. C’era una norma che invitava gli enti pubblici a mettere in pensione i dirigenti con 40 anni di contributi. Noi abbiamo fatto il nostro dovere».

Ma se lei potesse avere le mani libere taglierebbe delle poltrone?
«Se potessi avere le mani libere prenderei altri dirigenti e tenterei di valorizzare chi lo merita».

La preoccupa di più il presente o il futuro?
«Se uno fa bene il suo lavoro, è impensierito da tutto. Sarebbe superficiale non esserlo. L’impegno porta, però, a intravvedere delle soluzioni, un futuro migliore».

Allora, possiamo stare tranquilli per il futuro delle nostre pensioni?
«Tranquilli, c’è troppo pessimismo in giro. Gli ultimi studi ci dicono che la spesa pensionistica è sotto controllo. Certo, i conti della previdenza sono legati all’andamento dell’economia. Ce la siamo cavata bene nel 2008 e nel 2009, andrà bene anche quest’anno, ne sono sicuro. L’Istituto è in attivo. Il futuro dipende dall’economia e da ciascuno di noi. Siamo nel sistema contributivo da un pezzo, anche se tanti non se ne sono accorti».

Questo significa che la pensione futura dipenderà da quanto uno ha guadagnato, dal tipo di lavoro che ha fatto...
«Proprio così. È in atto una rivoluzione. Le ultime riforme hanno cambiato radicalmente il nostro sistema previdenziale».

I giovani avranno però delle pensioni più basse rispetto ai loro genitori, non c’è il rischio di uno scontro tra generazioni?
«Dobbiamo uscire da un equivoco: il patto generazionale si fa tra persone, in famiglia. Non esiste uno scambio per legge. Gli adulti andranno in pensione secondo le regole. I giovani avranno il sistema contributivo, che determinerà il loro futuro pensionistico. Non vedo dove possa esserci lo scontro tra generazioni. Non è che se il papà andrà in pensione più tardi il figlio avrà più quattrini».

Lei è rassicurante. Ma i giovani potranno contare su una pensione decente?
«I giovani avranno il futuro che saranno in grado di costruirsi, perché il metodo contributivo è una sorta di salvadanaio. Se uno ci mette i soldi se li ritroverà alla fine».

Sì, ma i giovani spesso sono precari a vita, chi paga i contributi?
«È un mondo che cambia. Ci vorrà più impegno, da parte di tutti».

È favorevole o contrario all’innalzamento dell’età pensionabile?

«Né favorevole, né contrario. Pochi se ne sono accorti: per legge, dal 1˚ gennaio 2015, l’età pensionabile sarà commisurata alla speranza di vita verificata dall’Istat. Si fanno dibattiti sul tema, come se dovessimo ancora decidere. Basta leggere la Gazzetta Ufficiale: tra cinque anni si lascerà il lavoro più tardi».

Che cosa si può fare per aiutare le famiglie a programmare il futuro previdenziale?
«Ci vuole una presa di coscienza previdenziale. Come controlliamo l’estratto conto bancario, così dobbiamo abituarci a verificare la nostra posizione pensionistica, contare quanti soldi ci sono nel salvadanaio. Tra poche settimane metteremo on-line l’estratto conto previdenziale e ciascuno potrà farsi un’idea precisa della pensione futura». 

Giuseppe Altamore
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