Ottavia Piccolo: attrice già a dieci anni

Le domande di Famiglia Cristiana: i ricordi, le emozioni del passato e i sogni per il futuro.

17/12/2010

Ottavia Piccolo, attrice di teatro, cinema e Tv, è nata a Bolzano nel 1949. Ha debuttato sul palcoscenico a soli 10 anni interpretando la bambina cieca in Anna dei miracoli e per il grande schermo nel 1963 era Caterina, ne Il Gattopardo. Ha lavorato con Strehler, Visconti, Ronconi e Lavia. Nel 1987 ha partecipato al film La famiglia di Scola. Attualmente è in tournée con Donna non rieducabile.

Come era composta la sua famiglia d’origine?

Dai miei genitori Nicola e Margherita e da me che sono nata dopo 13 anni di matrimonio.

Chi e perché ha scelto il suo nome?

Era il nome della nonna. A mia madre non piaceva. Per un po’ ha tentato di darmi un diminutivo: Otti, Ottaviana, Viana... Poi ha deciso: «Basta, sarà Ottavia».

C’è una cosa che le hanno impedito di fare da bambina e che rimpiange?
Imparare ad andare in bicicletta e a nuotare: erano molto apprensivi.

Quale era il suo gioco preferito?
Un gioco dell’altro secolo: la scatola dei bottoni.

Quale fiaba le raccontavano più spesso?

La mamma mi leggeva Il principe e il povero. Non riusciva ad arrivare alla fine perché quando picchiavano il principe piangevo talmente tanto che doveva smettere il racconto. Che picchiassero il povero non mi importava: ero più realista del re.

Il suo personaggio preferito da bambina?

Jo di Piccole donne.

Le vacanze con i suoi genitori?

Quando chiudeva la scuola andavamo nel paese di mio padre, a Modugno in provincia di Bari. Altre vacanze non potevamo permettercele.

Cosa sognavano i suoi genitori per il suo futuro?
Non hanno avuto il tempo di pensarci perché ho cominciato a lavorare a dieci anni ed erano felicissimi che facessi l’attrice.

E lei cosa voleva fare da grande?
Nell’ordine: la suora, la ballerina e l’archeologa.

C’è una frase che i suoi le ripetevano costantemente?

«Mi raccomando...» che può voler dire tutto.

Quanti figli ha?
Uno, Nicola, di 35 anni, che porta il nome di mio padre.

Quale fiaba gli ha raccontato più spesso?

Una fiaba bellissima, rivista da Sciascia, Colapesce. Nicola, detto Cola, era un abile nuotatore che era andato sott’acqua e si era accorto che l’isola posava su 3 colonne, una delle quali era consumata dal fuoco dell’Etna. Decise di restare a sorreggere la colonna per evitare che la Sicilia sprofondasse.

Quale è la frase che gli ripete più spesso?
«Come dice la mamma?». E lui, guardandomi come se fossi una pazza, mi risponde: «Mi raccomando...». È la stessa che dicevano a me.

Una bella vacanza con suo figlio?

Abbiamo sempre fatto poche vacanze e brevi. Soprattutto non mi è mai importato di andare in un posto esotico. Quando Nicola aveva dieci anni, tuttavia, siamo andati alle Seychelles, io, lui e mio marito: fu una vacanza lunga e molto bella.

Citi un oggetto o un valore che vuole assolutamente lasciare a suo figlio...

Sono molto affezionata agli oggetti ma ne abbiamo veramente troppi. Cercherò, quindi, di non lasciargli nessun totem perché sono ingombranti. Meglio avere in eredità un valore come la coerenza.

Quale superpotere vorrebbe avere e come lo userebbe?
Vorrei riuscire a fare del bene a quante più persone possibile.

Orsola Vetri
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Postato da santrev il 22/12/2010 23:01

Condivido la scelta che ai figli va lasciato a ricordo un valore, piuttosto che uno dei tanti oggetti che abbiamo per casa. Infatti io, dei miei genitori, ricordo ancora addesso i valori che mi hanno lasciato e che non dimentico mai.

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